Cassazione. Uccise la compagna Loredana Scalone: Definitiva la condanna a 25 anni per Sergio Giana.

Immagine della notizia (Immagine di Mister No su Panoramio e Wikimedia Commons — CC BY-SA 3.0)

Cassazione. Uccise la compagna Loredana Scalone: Definitiva la condanna a 25 anni per Sergio Giana.

«Si chiude un capitolo processuale doloroso ma resta per noi una ferita aperta. Siamo stati condannati all'ergastolo del dolore mentre dopo 25 anni l'assassino di mia sorella sarà libero di riprendere la propria vita». A dirlo è Giulia Scalone, sorella di Loredana, uccisa nel novembre del 2020 dal compagno Sergio Giana.

Martedì scorso, 3 dicembre 2025, l'uomo è stato condannato in via definitiva alla pena di 25 anni di reclusione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso proposto dalla difesa di Giana, rappresentata dall'avvocato Salvatore Staiano, che aveva invocato il riconoscimento per il proprio assistito del parziale vizio di mente e l'annullamento dell'aggravante della crudeltà. La Procura aveva rinunciato al ricorso.

All'indomani della sentenza della Suprema Corte, parla la sorella della vittima: «È stata una sentenza che aspettavamo da tanto con il cuore in gola perché dopo il processo d'Assise in Corte d'Appello, che non ha riconosciuto l'ergastolo ma inflitto solo 25 anni di pena, ci siamo battuti almeno per difendere questi anni. Ciò è successo grazie al nostro avvocato» ha sottolineato, con riferimento al legale difensore della famiglia, Arturo Bova.

Loredana Scalone è stata uccisa dal compagno a coltellate e poi gettata dalla scogliera di Pietragrande nel tentativo di occultare il cadavere.

La sorella Giulia è oggi impegnata in progetti per favorire la cultura del rispetto e contro la violenza sulle donne. «Abbiamo intrapreso questo percorso – spiega – in modo che la morte di Loredana non fosse vana, di mettere il nostro dolore al servizio di scuole e dei centri antiviolenza in modo da far percepire campanelli di allarme che probabilmente mia sorella non ha avvertito».

«Invitiamo le donne maltrattate a parlare ed a denunciare perché la denuncia è il primo atto, e quello più potente, per ritrovare la libertà e l'autodeterminazione». (LaC News24)

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