Voce su Sharon Verzeni
Sharon Verzeni, 33 anni, fu aggredita in strada nel corso della notte tra il 29 e il 30 luglio 2024 in via Castegnate a Terno d'Isola, un comune della provincia di Bergamo.[1]
Uno scorcio della Chiesa di San Vittore Martire a Terno d'Isola in provincia di Bergamo
La vittima risiedeva a poca distanza dal luogo dell'agguato, in un condominio di via Mario Merelli nello stesso paese bergamasco, e fu colpita al torace e alla schiena con quattro fendenti d'arma da taglio. La trentatreenne riuscì a chiamare il 112 per dare l'allarme, gridando: "Mi ha accoltellata".
Alcuni passanti, sentendo le urla, si precipitarono sul posto per soccorrerla mentre l'aggressore si era dileguato. La donna aveva poi perso i sensi e si era accasciata sull'asfalto. In seguito fu trasportata da un'ambulanza all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Nonostante le cure dei medici, la vittima non riuscì a sopravvivere. Le lesioni subite durante l'aggressione in strada erano troppo gravi e, nelle prime ore del mattino del 30 luglio, fu dichiarato il decesso.[2]
Sharon Verzeni lavorava in un bar-pasticceria di Brembate e, precedentemente, era anche stata impiegata in un centro estetico di Borgo Santa Caterina. La trentatreenne era originaria di Bottanuco (Bergamo), dove la famiglia era molto conosciuta poiché il padre aveva lavorato per anni all'anagrafe comunale. Da circa tre anni anni si era trasferita a Terno d'Isola per convivere insieme al compagno, Sergio Ruocco, un idraulico di 37 anni.
Secondo le ricostruzioni, la donna era solita uscire di notte per fare una camminata e aveva seguito un percorso abituale. Recatasi in via Casolini, aveva poi attraversato via dei Vignali, via Olimpo, via Roma e piazza VII Martiri. Alla fine aveva imboccato via Castegnate, lungo la quale fu aggredita mortalmente in un punto privo di telecamere. Nella zona c'erano oltre 60 dispositivi di videosorveglianza, ma non nel luogo dove venne compiuto l'agguato.
La donna indossava le cuffiette alle orecchie per ascoltare la musica e, inizialmente, non si sarebbe accorta del suo aggressore. L'esame autoptico disposto dalla Procura di Bergamo aveva rilevato quattro coltellate inferte alla vittima, tre delle quali mortali e sferrate con una lama di grosse dimensioni.[3] I fendenti, uno alle sterno e tre alle spalle, provocarono una grave emorragia interna partita dai polmoni, che aveva causato il decesso nelle ore seguenti all'ospedale di Bergamo.[4][5]
Il compagno della trentatreenne, Sergio Ruocco, fu considerato il primo sospettato, ma aveva un alibi. L'uomo era andato a letto intorno alle 22.00 del 29 luglio e non si era neppure accorto che la convivente fosse uscita di casa. Le telecamere fuori dall'abitazione avevano registrato soltanto la vittima mentre usciva dall'edificio, dunque il compagno era rimasto nell'appartamento. L'idraulico era stato ascoltato diverse volte dai Carabinieri e aveva sempre collaborato, senza mai contattare un avvocato.
Tra le varie ipotesi si era pensato anche alla pista del serial killer, formulata mettendo in relazione l'omicidio di Sharon Verzeni con quello di altre due donne assassinate a coltellate nel Bergamasco: Gianna Del Gaudio a Seriate il 27 agosto 2016 e Daniela Roveri a Colognola il 20 dicembre, sempre nel 2016.[6]
La svolta nelle indagini però arrivò un mese dopo il delitto, nella notte tra il 29 e il 30 agosto 2024, quando i Carabinieri fermarono un trentunenne: Moussa Sangare.[7] Si trattava di un italiano, nato da genitori originari del Mali e residente a Suisio in provincia di Bergamo. Nei suoi confronti furono raccolti gravi indizi di colpevolezza, elementi probatori del pericolo di reiterazione del reato e di occultamento delle prove, nonché del pericolo di fuga. Il sospettato era stato ripreso dalle telecamere la notte dell'omicidio mentre si allontanava dalla scena del crimine in bicicletta.
Sangare, in sede di interrogatorio, aveva confessato di aver accoltellato Sharon Verzeni senza un apparente motivo. L'individuo non aveva avuto contatti con la vittima prima del delitto, infatti tra loro non c'era nessuna relazione, neanche casuale. Il trentunenne avrebbe agito per futili motivi e, a suo carico, fu contestata anche l'aggravante della premeditazione, poiché la sera del 29 luglio 2024 il reo confesso era uscito di casa con quattro coltelli allo scopo di aggredire qualcuno.[8]
«Lei indossava i jeans e aveva le cuffiette nelle orecchie – raccontò Moussa Sangare agli inquirenti –. A quel punto l'ho seguita da dietro, l'ho toccata sulla spalla con la mano sinistra e le ho detto "scusa" per quello che stava per succedere. Ha iniziato a tremare, urlare. La prima coltellata l'ho data al petto e il coltello è rimbalzato. Lei stava scappando... Sono sceso dalla bici, l'ho rincorsa e l'ho colpita alla schiena più volte... tre, quattro...». Dopo l'agguato, il trentunenne rimontò in sella e si allontanò dal posto: "Sono passato in mezzo ai campi, dove non c'erano le telecamere".[9]
La Chiesa di San Vittore a Bottanuco in provincia di Bergamo dove sono stati celebrati i funerali di Sharon Verzeni
Nei confronti di Sangare fu convalidata la custodia cautelare in carcere. Il giudice per le indagini preliminari aveva evidenziato lo "stato mentale pienamente integro" del reo confesso, che aveva agito con "lucidità", prima e dopo il delitto. "Assalito dal desiderio di provare realmente emozioni forti in grado di scatenare nel suo animo la scarica di adrenalina che aveva cercato di descrivere", il trentunenne era uscito di casa armato di coltello ed aveva "vagato fino ad incontrare il bersaglio più vulnerabile", come descritto nell'ordinanza di custodia cautelare.
Dopo aver compiuto il delitto, aveva gettato i tre coltelli inutilizzati nel fiume Adda, mentre quello usato per uccidere l'aveva seppellito in riva al corso d'acqua: "Non l'ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che ho fatto, come un ricordo".[10][11] Il killer era poi ritornato nell'abitazione di Suisio: "Sentivo un miscuglio di sensazioni. Sono rimasto scioccato... ma allo stesso tempo mi sentivo libero. Dopo essermi steso sul divano, ho sentito una specie di comfort. Poi sono uscito con amici, abbiamo fatto una grigliata".[9]
Il successivo mese di dicembre furono chiuse le indagini.[9] La Procura di Bergamo contestò a Sangare l'omicidio volontario pluriaggravato dalla premeditazione, i futili motivi e l'aver approfittato della minorata difesa della vittima, per l'orario notturno, il luogo deserto e le condizioni della donna che stava ascoltando la musica con le cuffiette, risultando quindi più vulnerabile ad un'aggressione a sorpresa alle spalle.[12]