Voce su Emilia Nobili

Uno scorcio di Poggiridenti in provincia di Sondrio
Emilia Nobili, 75 anni, è stata uccisa dal marito Mohamed Rebami, 65 anni, il 1º agosto 2025 a Poggiridenti in provincia di Sondrio.[1][2]
L'omicidio si è consumato nell'abitazione della donna, in Contrada Nobili, situata nella zona alta del piccolo paese della Valtellina. A far rinvenire il cadavere è stato lo stesso marito. Quando, intorno alle ore 23:00, i Carabinieri sono intervenuti sul posto insieme ai soccorritori del 118, non c'è stato null'altro da fare che constatare il decesso. La donna, pensionata ed ex insegnante di lettere, era stata uccisa a coltellate dal convivente alcune ore prima.[3] I due erano sposati da una trentina di anni. L'uomo, originario del Marocco e musulmano, si era era convertito al cattolicesimo ed aveva celebrato il matrimonio in Chiesa.[4]
La vittima aveva già denunciato il coniuge per maltrattamenti e lesioni il precedente 16 ottobre 2024. Secondo quanto riferito nella querela, il convivente l'aveva picchiata in più occasioni, sottoponendola a ripetute violenze domestiche. Due giorni dopo, il 18 ottobre, era stata notificata a Rebami la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare con divieto di avvicinamento alla persona offesa. Nello stesso giorno, però, l'uomo era stato arrestato in flagranza per la violazione del divieto e, di conseguenza, gli era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere.
Rebami era stato poi condannato il 24 aprile 2025 a 1 anno e 6 mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena ed il ritorno a piede libero.[2] Nel successivo mese di giugno, il sessantacinquenne aveva ripreso la convivenza con la moglie, che lo aveva nuovamente accolto nella casa di Poggiridenti, contro i pareri dei familiari e, in particolare, del figlio.
L'uomo, il 1º agosto 2025, dopo aver ucciso la moglie a coltellate in casa, si è allontanato dal posto e ha raggiunto la città di Lecco. In serata è stato fermato per un controllo di routine da una pattuglia dei Carabinieri.[3][5] Proprio in quel momento, il sessantacinquenne ha confessato l'omicidio ai militari dell'Arma. Portato in caserma, Rebami ha fornito ulteriori dettagli sull'accaduto, permettendo agli investigatori di rinvenire il cadavere e, nei pressi dell'abitazione, l'arma del delitto.[2][3]
L'avvocata della vittima, Cristina Bordoni, ha riferito al quotidiano Il Giorno: "La signora Emilia era una donna dolce e buona. Veniva da me in studio e aveva sempre un libro con sé, la borsina della spesa. Quando il marito fu arrestato e in seguito recluso, il figlio della coppia tornò a vivere con la mamma e ricordo che lei mi confidò di essere felice, perché stavano ricostruendo il proprio rapporto". La donna, dopo la scarcerazione di Rebami, aveva deciso di riaccogliere il marito in casa.
«Le avevo sconsigliato di farlo e il figlio le intimò addirittura: "O me o lui" – ha raccontato la legale Bordini –. Pur amando tantissimo il figlio, di cui andava orgogliosa, la bontà di Emilia ha avuto il sopravvento. Non poteva sopportare l'idea di sapere che il marito fosse per strada, abbandonato a sé stesso. L'uomo non aveva nessuno, non aveva soldi. Lei, di nascosto da me, aveva ripreso a fargli avere vestiti e biancheria pulita, cibo e denaro sino a decidere, del tutto impietosita, di riaprirgli la porta».[6]
Il successivo 4 agosto Rebami si è avvalso della facoltà di non rispondere nel corso dell'interrogatorio di garanzia dinanzi al giudice per le indagini preliminari di Lecco. Il gip ha convalidato il fermo e ha trasmesso gli atti alla Procura di Sondrio, competente sul territorio in cui si è consumato l'omicidio.[7]