Voce su Annalisa Baldovin

Uno scorcio panoramico di Pieve di Cadore in provincia di Belluno (di Liridon, licenza CC BY-SA 4.0)
Annalisa Baldovin, 40 anni, imprenditrice originaria del Bellunese, perse la vita il 4 luglio 2001 all'ospedale di Padova dopo 47 giorni di agonia. La donna fu vittima di un agguato il precedente 18 maggio, ordito da parte del suo stalker Davor Kovac, 35 anni, a Pieve di Cadore in provincia di Belluno.[1]
Quest'ultimo, originario della Bosnia Erzegovina, si era infatuato della vittima. Lei, però, non ricambiava. Il 35enne così iniziò un'escalation di persecuzioni documentate in ben 17 denunce presentate dalla donna e i suoi familiari nell'arco dei precedenti sei mesi. Tutto ciò non riuscì a evitare il delitto. In particolare, l'uomo aveva minacciato di morte lei e i suoi familiari, tentato un'estorsione e fatto esplodere una bomba nei pressi della sede della Tecnocolor, l'azienda di cui la quarantenne era titolare.
Il 18 maggio, sottoposto a divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima e sapendo di essere pedinato dalle forze dell'ordine, si era fatto accompagnare da un taxi in località Nebbiù, a Pieve di Cadore, dove era situata la sede della Tecnocolor. Arrivato sul posto, minacciò con una pistola gli operai che furono costretti a uscire dall'edificio. All'interno incontrò la donna che, non fece in tempo a fuggire e fu raggiunta da diversi proiettili. Il trentacinquenne si era anche portato dietro dell'esplosivo nel tentativo di far saltare la fabbrica, ma fu successivamente bloccato dai Carabinieri.
Kovac fu arrestato e condotto in carcere. La donna, madre di un figlio adolescente,[2] fu ricoverata in ospedale ma, dopo 47 giorni, non riuscì a sopravvivere.[3] La Procura contestò l'aggravante della premeditazione e ottenne il rinviò a giudizio del bosniaco. Negli anni successivi l'uomo fu condannato in via definitiva all'ergastolo.[4][5]