Voce su Alessandra Maffezzoli
Alessandra Maffezzoli, 46 anni, fu uccisa dall'ex compagno Jean Luca Falchetto, 53 anni, la sera dell'8 giugno 2016 a Pastrengo in provincia di Verona.[1][2]
La Chiesa di Santa Maria Assunta a Garda, in provincia di Verona, dove sono stati celebrati i funerali di Alessandra Maffezzoli (di Marchetto da Trieste, licenza CC BY-SA 4.0)
L'omicidio avvenne nell'abitazione della donna al culmine di un violento litigio. A segnalare l'accaduto furono i vicini di casa che avevano sentito delle forti urla provenire dall'appartamento. L'uomo nel frattempo si era allontanato dal posto. In seguito giunsero i Carabinieri che trovarono la porta chiusa. Si dovettero introdurre nell'appartamento forzando le finestre e all'interno trovarono il corpo senza vita della vittima.
La donna, originaria di Garda,[3] si era trasferita a Pastrengo nel 2009 e lavorava come docente alla scuola elementare di Lazise. La quarantaseienne aveva due figli di 18 e 16 anni, nati da una precedente relazione. I ragazzi non erano in casa quando si consumò il delitto. Appresero della morte della madre quando ritornarono sul posto in tarda serata.
La signora Maffezzoli, circa tre anni prima, si era legata a Jean Luca Falchetto, detto Giuliano, un barista di origini svizzere che risiedeva a Caprino Veronese e lavorava in un locale di Bardolino. Anche lui aveva due figli nati da una precedente relazione.[4]
Circa dodici mesi prima del delitto, i due si erano lasciati. Dopo la rottura non mancarono i contrasti, soprattutto per l'insistenza dell'uomo di fronte al rifiuto della donna di tornare con lui, ma anche per un presunto debito contratto dalla vittima nei confronti del cinquantatreenne. Nel corso del tempo i due avevano continuato a vedersi saltuariamente.
L'8 giugno 2016 ci fu l'ultimo incontro a casa di lei, degenerato nell'omicidio. Secondo l'autopsia, la signora Maffezzoli fu aggredita con sette coltellate al petto, sferrate dopo essere stata ripetutamente colpita alla testa con un vaso. Falchetto fuggì dall'abitazione e si rese irreperibile. Ma i Carabinieri non ci misero molto a rintracciarlo. Fu ritrovato nelle ore successive, in stato confusionale, a Castelnuovo del Garda. Dinanzi ai militari confessò l'omicidio.[5][6]
Il cinquantatreenne fu rinviato a giudizio in rito abbreviato. La difesa puntò sul riconoscimento dell'infermità mentale ma l'imputato, sottoposto a una perizia psichiatrica, fu valutato capace di intendere e di volere nel momento del delitto.
In primo grado fu condannato a 15 anni di reclusione. La sentenza aveva escluso l'aggravante dei futili motivi. La Procura aveva invece chiesto 30 anni ma, considerata l'esclusione dell'aggravante, il giudice era partito da una base di 21 anni e ridusse la pena di un terzo per la scelta del rito abbreviato. Il verdetto fu confermato nei successivi gradi di giudizio.[7][8]
Nelle motivazioni della sentenza della Cassazione, che rese definitiva la condanna, fu precisato che "l'imputato al momento del fatto non era affetto da un disturbo di gravità, intensità e rilevanza tali, da compromettere, concretamente, le facoltà psichiche essenziali per rendersi conto della natura delle conseguenze dell'azione compiuta e dalla sua illiceità".[9]