Brescia. Minacciata e perseguitata dall'ex marito: "Ti faccio a pezzi e ti spedisco in una bara in Marocco".
Le botte, le minacce, gli abusi fisici e psicologici duravano da tempo: da oltre un anno una 23enne di origine marocchina, in Italia da quando aveva 18 anni, viveva un vero inferno domestico.
Il marito 38enne, connazionale, la teneva segregata in casa, guardata a vista e controllata nei movimenti dalla famiglia dell'uomo. Una situazione che era man mano degenerata, tanto che la donna, dopo l'ennesima aggressione fisica e le minacce di essere uccisa e fatta a pezzi, decide di denunciare quanto stava accadendo, venendo accolta in una comunità protetta con il figlioletto nato dalla loro relazione.
Ma questo non aveva fermato il coniuge, il quale, riuscito a scoprire la nuova collocazione della moglie e del bambino, aveva contattato i familiari della 23enne, che vivono in Marocco, minacciando di uccidere la ex moglie e il figlio e di mandarli a loro "in una bara", arrivando a dire che avrebbero fatto la stessa fine della donna attraverso presunti sicari da lui assoldati.
In aula l'uomo, che ha precedenti per droga, resistenza, guida in stato di ebbrezza, ha rigettato le accuse, affermando trattarsi di invenzioni della compagna, affetta da disturbi psicologi insorti con la gravidanza.
Due anni fa la situazione sarebbe degenerata spingendo la ragazza a rivolgersi ai Carabinieri. "Se ti uccido non ti cerca nessuno, ti taglio a pezzi e ti butto nel lago", le avrebbe urlato il marito un giorno di fine dicembre 2020 nel corso di una delle sue violente sfuriate.
"Non c'è nulla di vero nelle sue parole – ha continuato a sostenere il 38enne a processo per maltrattamenti e lesioni aggravate. "In casa era trattata come una principessa: poteva uscire liberamente e nessuno le ha mai messo le mani addosso. Ha solo dei problemi psicologici nati duranti la gravidanza".