Bolzano. Omicidio Alexandra Mocanu. Mecja in aula: "L'ho colpita alla testa, poi vedevo solo la nebbia".
"Lei mi ha lanciato il martello e mi ha detto che era destinato a me. Allora non ci ho più visto e l'ho colpita due volte, alla testa, piangendo, mentre era semi-distesa sul letto. La amavo ma lì mi sono perso, non c'ero io, vedevo solo la nebbia, volevo chiamare l'ambulanza e la Polizia ma avevo paura".
È un racconto controverso quello di Avni Mecja, che davanti alla Corte d'Assise di Bolzano, presieduta dal giudice Stefan Tappeiner, ha ripercorso la storia con Alexandra Elena Mocanu, dal primo incontro fino al delitto, avvenuto il 22 ottobre 2022 nella loro abitazione di viale Trieste in città.
L'imputato racconta che avrebbe voluto porre fine all'agonia della sua compagna stringendole un filo di ferro attorno al collo, "ma non ho avuto la forza", spiega. Poi però ha avuto la forza di prendere il dito di Alexandra, morente, e di aver sbloccato con l'impronta digitale lo smartphone di lei, dal quale mandò un messaggio a un'amica per tentare di depistare le indagini.
Il loro era un rapporto estremamente tormentato, fatto di alti e bassi, fino al 2022: per stessa ammissione di Mecja, le cose cambiano quando lei inizia a lavorare e diventa economicamente indipendente. Gelosie, accese discussioni, lui che la controlla ossessivamente quando, a inizio ottobre, scopre che lei ha un'altra relazione.
La situazione precipita di giorno in giorno, Mecja la segue e contatta l'amante. Fino alla sera del 22 ottobre quando, dopo una giornata di pedinamenti, lui la affronta e le dice che sa della frequentazione con un altro uomo. Li ha seguiti e ha sentito tutte le loro conversazioni. Stanno per andare a dormire, lui è sul divano, ma alla fine la uccide e fugge in Albania, da dove rientrerà pochi giorni dopo, su consiglio del suo avvocato. (RaiNews TGR Bolzano)