Voce su Hui Zhou
Hui Zhou, chiamata da amici e parenti Stefania, era una ragazza di 24 anni, originaria della Cina, uccisa nel tardo pomeriggio dell'8 agosto 2019 a Reggio Emilia. Il delitto avvenne nel bar di famiglia dove la giovane lavorava, il Moulin Rouge in zona ex Foro Boario, nella periferia del capoluogo emiliano.
Una veduta dall'alto di Reggio Emilia (di Paolo Picciati, licenza CC BY-SA 3.0)
La vittima si trovava di turno al bancone quando un malintenzionato entrò nel locale e si fiondò contro di lei, incurante dei presenti, aggredendola a coltellate. L'assassino riuscì a fuggire e i soccorsi, giunti sul posto nei minuti seguenti, non poterono fare altro che constatare il decesso. Nel bar era presente anche la madre della ragazza che, per lo shock e la disperazione, fu colta da un malore.[1]
Nelle ore successive gli investigatori, grazie alle telecamere di videosorveglianza situate in zona, riuscirono a identificare l'omicida. La Questura aveva diramato su tutto il territorio nazionale un ordine di cattura nei confronti di Hicham Boukssid, 34 anni, originario del Marocco. L'uomo, clandestino, era stato identificato per la prima volta in Italia nel 2015, proprio a Reggio Emilia. Raggiunto da un provvedimento di espulsione, aveva fatto perdere le sue tracce per alcuni mesi, salvo poi essere riavvistato, prima in Lombardia e successivamente di nuovo in Emilia. Aveva frequentato il bar della famiglia di Stefania, ma non era un cliente abituale.[2][3]
Le forze dell'ordine lo avevano cercato per più di una settimana senza riuscire a catturarlo, ma nella notte tra il 18 e il 19 agosto il latitante si presentò alla caserma di corso Cairoli a Reggio Emilia per costituirsi. Lui stesso indicò ai militari dove rinvenire il coltello utilizzato per compiere il delitto. In seguito venne condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario. Secondo gli inquirenti, il trentaquattrenne avrebbe compiuto il gesto perché infatuato della giovane donna, senza essere però corrisposto.[4][5]
Il 22 agosto, nell'interrogatorio di fronte al giudice per le indagini preliminari, Boukssid si avvalse della facoltà di non rispondere. Nei suoi confronti fu convalidato l'arresto e la custodia cautelare in carcere.[6] Il difensore del marocchino avanzò la richiesta di incidente probatorio per accertare la capacità di intendere e di volere del proprio assistito nel momento dell'aggressione.[7]
Nei mesi successivi la Procura di Reggio Emilia chiuse le indagini. La perizia psichiatrica aveva valutato il trentaquattrenne parzialmente incapace di intendere e di volere nel momento del delitto, stabilendo la seminfermità mentale a causa di un disturbo schizotipico della personalità.[8]
Tuttavia, sulla base delle intercettazioni registrate in carcere durante i colloqui tra il detenuto e la sorella avvenuti a inizio marzo 2020, gli inquirenti avevano ipotizzato nuovi elementi ritenuti fondamentali per constatare il reale stato psicologico dell'uomo. Per questo fu richiesto un supplemento di perizia in incidente probatorio.[9] Tutti i professionisti che lo avevano esaminato concordavano sulla tesi del disturbo schizotipico sul quale si era innestata una personalità deliroide, ovvero l'individuo era convinto di avere con la vittima una "relazione che esisteva soltanto nella sua immaginazione".
Nel gennaio del 2021 Boukssid fu rinviato a giudizio.[10] Nel corso del processo furono ascoltati i diversi consulenti che avevano eseguito l'esame psichiatrico. Il perito incaricato dalla Procura sostenne che la capacità dell'imputato era solo scemata e non del tutto esclusa. Secondo il consulente nominato dal tribunale, Boukssid non aveva perso il controllo durante il delitto ma, allo stesso tempo, non aveva il controllo della sua dimensione affettiva. Per il perito della difesa, il gesto fu condizionato dal disturbo di cui l'uomo era affetto, dunque non sussisteva la premeditazione.[11][12]
La pubblica accusa invece, pur ravvisando il vizio della parziale infermità mentale, contestò formalmente l'aggravante della premeditazione avanzando la richiesta di pena dell'ergastolo. Il 6 maggio 2022 la Corte d'Assise di Reggio Emilia aveva condannato l'imputato a 24 anni di reclusione. La crudeltà fu l'unica aggravante riconosciuta e ritenuta equivalente alla seminfermità mentale.[13] Le motivazioni della sentenza sottolinearono la volontà dell'uomo di infliggere ulteriori sofferenze alla vittima, colpita con numerose coltellate per prolungare angoscia e paura, tanto che la ragazza ebbe il tempo per implorarlo di smettere.[14]
L'8 marzo 2023 la Corte d'Appello di Bologna ridusse la pena a 20 anni. Il verdetto di secondo grado aveva confermato l'aggravante della crudeltà, ma al contempo venne ritenuta prevalente l'attenuante della seminfermità mentale.[15] La sentenza fu confermata e resa definitiva il 23 novembre 2023 dalla Corte di Cassazione.[16][17]