Voce su Norina Matuozzo
Norina Mattuozzo, 33 anni, fu uccisa dal marito Salvatore Tamburrino, 40 anni, il 2 marzo 2019 a Melito di Napoli, un comune della provincia partenopea.[1]
Uno scorcio della Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Melito di Napoli dove sono stati celebrati i funerali di Norina Matuozzo (di Steve Morgan, licenza CC BY-SA 4.0).
La donna aveva deciso di separarsi dal compagno e, da diverse settimane, si era trasferita nella casa dei genitori in un complesso di edilizia popolare vicino al centro storico di Melito. Proprio lì il quarantenne si presentò la mattina di sabato 2 marzo 2019 per avere un nuovo confronto con sua moglie. L'uomo chiese alla trentatreenne un ultimo chiarimento, invitandola a spostarsi in un'altra stanza dell'abitazione per non discutere davanti ai parenti, ma lei si rifiutò.
A un certo punto il malintenzionato, prima di lasciare l'appartamento, estrasse una pistola e sparò tre colpi d'arma da fuoco all'indirizzo della donna. Al drammatico episodio avevano assistito i genitori e i due figli della vittima, un bambino di 7 anni e una ragazza di 14, presenti in quel momento in casa.[2] Subito dopo aver esploso i proiettili, il quarantenne si diede alla fuga. Nelle ore seguenti l'uomo contattò il suo avvocato, che lo convinse a costituirsi alla questura di Napoli. Tamburrino confessò il delitto dinanzi agli agenti e fu condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario.[3][4]
La vicenda innescò un'accelerazione dell'attività investigativa che, attraverso una serie di intercettazioni, portò alla cattura del boss Marco Di Lauro, ricercato dalle forze dell'ordine per 14 anni. Tamburrino aveva vari precedenti penali a suo carico ed era ritenuto un affiliato al clan Di Lauro.[5][6]
Secondo le ricostruzioni delle indagini, la vittima aveva trovato il coraggio di liberarsi dalla condizione di schiavitù in cui si era ritrovata dopo anni di maltrattamenti a cui il marito l'aveva sottoposta. Determinanti furono le testimonianze della figlia della trentatreenne, che confermò le condotte violente del padre, esercitate in casa anche davanti ai bambini.
Il 3 febbraio 2020, al termine del processo di primo grado celebrato in rito abbreviato, il Tribunale di Napoli Nord aveva condannato Tamburrino all'ergastolo.[7][8] Nel procedimento di secondo grado, dopo aver stipulato un concordato con la difesa dell'imputato, la Procura generale chiese la pena a 30 anni di reclusione e il riconoscimento dell'attenuante della collaborazione. Il 13 ottobre 2021, però, l'istanza fu respinta e la prima sezione della Corte d'Appello di Napoli confermò l'ergastolo, ritenendo la sopracitata attenuante non prevalente rispetto alle aggravanti contestate.[9][10]
Nel dicembre del 2022, tuttavia, la Corte di Cassazione aveva accolto il ricorso della difesa e annullato l'ergastolo. Contestualmente rinviò il procedimento a un nuovo giudizio di secondo grado per la rideterminazione della pena.[11] L'11 luglio 2023 la terza sezione della Corte d'Appello di Napoli si uniformò alle richieste della Suprema Corte, stabilendo l'assorbimento del reato di maltrattamenti in quello di omicidio e l'assorbimento del reato di detenzione di arma in quello di porto di arma in luogo pubblico.[12][13] La sentenza aveva così rimodulato la pena a 30 anni di reclusione.[14]