Voce su Viviana Caglioni
Viviana Caglioni, 34 anni, perse la vita il 6 aprile 2020 all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove fu ricoverata in seguito a una violenta aggressione subita all'interno della propria abitazione una settimana prima, nella notte tra il 30 e il 31 marzo.
La donna risiedeva nel quartiere Valverde insieme a due parenti, sua madre e uno zio, e il suo compagno Cristian Michele Locatelli, 42 anni, già noto alle forze dell'ordine per diversi precedenti. La vittima non aveva il padre, morto quando lei aveva 10 anni. La notte della violenza la trentaquattrenne fu pestata a calci e pugni fino a subire un grave ematoma cerebrale.
I soccorsi sarebbero stati chiamati in ritardo dalla famiglia, raccontando ai sanitari di una caduta accidentale. All'arrivo in pronto soccorso, la donna risultava già in coma. Ricoverata in terapia intensiva e sottoposta a due interventi chirurgici alla testa, trascorse circa una settimana di agonia prima essere dichiarata morta il 6 aprile.
Uno scorcio dall'alto di Bergamo (di Zairon, licenza CC BY-SA 4.0)
La Procura di Bergamo fu informata sulla situazione e, considerati i segni di violenza al volto, all'inguine, all'addome, al viso e alla nuca, non compatibili con la descrizione fornita dai familiari, gli inquirenti aprirono un fascicolo di indagine. Nei giorni successivi furono notati comportamenti sospetti da parte di Locatelli che avrebbe agito allo scopo di depistare l'attività investigativa condotta dalla Squadra Mobile della Polizia locale.
In particolare, il quarantaduenne avrebbe minacciato lo zio di ripercussioni nel caso avesse raccontato la verità. Proprio quest'ultimo però, in diversi interrogatori, aveva fornito dettagli concreti per la ricostruzione degli avvenimenti. Locatelli e la madre della vittima invece ribadirono la versione della caduta accidentale.[1][2]
La sera del successivo 25 aprile il quarantaduenne fu arrestato e condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili. L'indiziato avrebbe picchiato la compagna per gelosia sulla base di ragioni pretestuose. L'episodio sarebbe stato l'ultimo di una serie di maltrattamenti che si ripetevano da tempo e che la vittima non aveva mai denunciato. La madre, Silvana Roncoli, dopo l'arresto dell'uomo, continuò a negare la violenza, ma fu iscritta anche lei nel registro degli indagati con l'accusa di favoreggiamento.[3]
Nel corso dell'inchiesta gli inquirenti ricostruirono l'ultima fatale aggressione, che sarebbe avvenuta in seguito alla discussione su un ex compagno di lei. Con l'ausilio del Luminol, in casa erano state rilevate scie di sangue ripulite che partivano dal primo piano per poi interrompersi al piano terra. Nei mesi successivi l'indagine per favoreggiamento sulla signora Roncoli fu archiviata, mentre Locatelli venne rinviato a giudizio.[4][5]
Nel corso del dibattimento l'imputato continuò a ribadire la propria innocenza, ma altre testimonianze avrebbero confermato i maltrattamenti alla vittima, nonché le minacce allo zio di lei, le cui dichiarazioni furono decisive nella svolta del caso.[6] La madre della trentaquattrenne, interrogata dinanzi alla Corte, aveva affermato di non aver assistito l'aggressione che portò la figlia al ricovero in ospedale. Fu inoltre accertato che, una sera precedente, la signora aveva telefonato al 112 dichiarando che la vittima e il fidanzato si prendevano a botte, ma in udienza aveva sminuito le liti della coppia definendole "semplici battibecchi".[7]
La difesa dell'imputato chiese la riqualificazione del reato in omicidio preterintenzionale mentre la Procura avanzò la richiesta dell'ergastolo. Il 29 ottobre 2021 Locatelli fu condannato dalla Corte d'Assise di Bergamo a 18 anni di reclusione, più 3 anni di libertà vigilata. L'omicidio venne riqualificato in morte come conseguenza dei maltrattamenti.[8][9]
Le motivazioni della sentenza sottolinearono che la vittima viveva in un contesto di marginalità e degrado, dove tutti intorno a lei avevano sottovalutato la gravità della situazione in cui versava. La trentaquattrenne fu sottoposta a maltrattamenti psicologici da Locatelli che, con il suo atteggiamento forte e autoritario, finì per prevaricare su di lei, controllandola, isolandola e facendola vivere in un clima di paura e umiliazione.[10] L'uomo fu "mosso da un senso di gelosia e di possesso nei confronti della donna", considerato in sé "incompatibile con la volontà di ucciderla".
Nel processo di secondo grado la difesa dell'imputato tornò a chiedere l'assoluzione o, in alternativa, la riqualificazione del reato in omicidio preterintenzionale. Il 23 settembre 2022 la Corte d'Appello di Brescia confermò l'impianto accusatorio della precedente sentenza, aumentando però la pena di reclusione a 19 anni, a fronte della richiesta della pubblica accusa di 21 anni.[11][12]