Voce su Rosalia Garofalo
Rosalia Garofalo, 52 anni, fu trovata morta la sera del 29 gennaio 2020 nella sua abitazione di Mazara del Vallo in provincia di Trapani.[1]
Foto di Piazza della Repubblica a Mazara del Vallo in provincia di Trapani. Sullo sfondo la Cattedrale dove sono stati celebrati i funerali di Rosalia Garofalo (di Morgan Sand, licenza CC BY-SA 3.0).
A dare l'allarme fu il marito, Marcello Vincenzo Frasillo, 53 anni, che telefonò al pronto intervento medico segnalando che la moglie aveva avuto un malore. I sanitari giunti sul posto non poterono fare nulla per rianimarla: la donna, riversa sul letto matrimoniale, aveva già perso la vita. La cinquantaduenne presentava numerosi lividi, ecchimosi e tumefazioni su diverse parti del corpo.
Le molteplici lesioni riscontrate furono riconducibili a un violento pestaggio eseguito a mani nude e con oggetti contundenti. L'ispezione medico legale rilevò soprattutto segni di recenti percosse, ricevute nell'arco dei tre giorni precedenti. L'esame evidenziò fratture a uno zigomo, al naso, alla regione lombosacrale, alle costole e diverse altre lesioni alle gambe. Proprio le fratture alle costole provocarono uno pneumotorace con conseguente insufficienza respiratoria acuta da cui derivò il decesso.
L'ora della morte fu collocata tra le 12.00 e le 16.00 del 29 gennaio, ma la chiamata ai soccorsi fu effettuata da Frasillo intorno alle 20.00.[2] Quando il personale sanitario giunse nell'abitazione, l'uomo disse di aver trovato la moglie già morta. Dopodiché il cinquantatreenne fu condotto dalla Polizia nel locale commissariato. Sottoposto a interrogatorio, si dichiarò estraneo alle responsabilità del decesso della coniuge, pur ammettendo di averla picchiata perché, a suo dire, lei lo tradiva.[3][4]
La signora Rosalia denunciò il marito per lesioni personali, maltrattamenti, minacce, ingiurie e percosse in tre occasioni: una volta nel dicembre del 2017, poi due volte nel corso del 2019, in aprile e in ottobre. Negli ultimi due casi, tuttavia, la vittima ritirò la querela. La donna fu anche assistita da un centro antiviolenza e ospitata in una casa famiglia, ma successivamente tornò nell'abitazione insieme al compagno.[5]
Frasillo aveva precedenti per maltrattamenti in famiglia e minacce ai propri parenti. Le violenze pregresse sulla moglie sarebbero durate molteplici anni. Alla luce degli elementi raccolti, la Procura di Marsala dispose il decreto di fermo nei confronti del cinquantatreenne.[3][4] La coppia era sposata da circa 30 anni e aveva un figlio che si era trasferito all'estero.[6][7]
Nei giorni successivi il giudice per le indagini preliminari respinse la richiesta di convalida del fermo ritenendo non sussistente il pericolo di fuga, ma dispose comunque l'ordinanza di custodia cautelare in carcere in virtù dei gravi indizi di colpevolezza presenti a carico dell'uomo. Nel corso dell'interrogatorio di garanzia, Frasillo si era difeso sostenendo di avere maltrattato la moglie nella sola giornata di lunedì 27 gennaio e di averle, in seguito, consigliato di farsi accompagnare in ospedale o di chiamare un medico, ma lei si era rifiutata.
Versione che non avrebbe trovato riscontri dalle risultanze dell'esame autoptico, secondo cui la vittima sarebbe stata aggredita ripetutamente, per giorni, fino al sopraggiungere della morte.[8] In autunno furono chiuse le indagini.[9] Nel gennaio del 2021 il cinquantatreenne fu rinviato a giudizio con le accuse di omicidio volontario, maltrattamenti in famiglia e lesioni personali.[10][11]
Nel corso del processo, l'uomo fu sottoposto a una perizia psichiatrica che aveva rilevato un vizio parziale di mente, derivante da una patologia psichiatrica. Secondo l'esperto incaricato dalla Corte d'Assise di Trapani, l'imputato aveva aggredito la moglie a causa di un "disturbo delirante di gelosia", ovvero un disturbo psicotico caratterizzato da convinzioni deliranti costanti e pervasive.
Nonostante ciò, la capacità di intendere e di volere non poteva ritenersi integralmente esclusa, poiché Frasillo, nel corso del pestaggio mortale, era comunque consapevole dell'efferatezza delle sue azioni, della condizione di disabilità e inerzia della vittima e delle sofferenze fisiche provocate a quest'ultima.
La pubblica accusa avanzò la richiesta di pena di 28 anni di carcere. La Corte d'Assise di Trapani, però, riconoscendo lo stato di semi-infermità dell'uomo, aveva inflitto la condanna a 24 anni e sei mesi di reclusione. La sentenza ritenne pienamente provato il dolo omicidiario, escludendo la richiesta della difesa di derubricare il fatto a reati meno gravi come l'omicidio preterintenzionale o i maltrattamenti aggravati dalla morte della donna.[12]