Voce su Rita Amenze
Il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale al centro di Piazza IV Novembre a Noventa Vicentina (foto di Threecharlie, licenza CC BY-SA 4.0)
Rita Amenze, 30 anni, fu uccisa dall'ex compagno Pierangelo Pellizzari, 61 anni, la mattina del 10 settembre 2021 a Noventa Vicentina in provincia di Vicenza.[1][2]
L'uomo aveva compiuto un vero e proprio agguato, raggiungendo la giovane mentre stava per entrare nell'azienda dove era impiegata. Si avvicinò a lei e sparò diversi colpi di pistola, togliendole la vita. L'arma in possesso del malintenzionato non era regolarmente detenuta.
La vittima, originaria della Nigeria, era arrivata quattro anni prima in Italia, come rifugiata, per cercare condizioni lavorative migliori. Nel 2018 si sposò con Pellizzari, poi la loro relazione giunse al termine e i due si separarono. Il sessantunenne però non accettava l'allontanamento della moglie.[3]
Secondo le ricostruzioni, alla base del loro conflitto ci sarebbe stata la volontà di lei di far arrivare in Italia i suoi tre figli, rimasti in Africa. All'inizio di settembre la giovane aveva lasciato la casa che condivideva con l'uomo in seguito a un litigio per un viaggio in Nigeria, dal quale lei era appena rientrata.
Dopo aver compiuto l'omicidio, Pellizzari scappò e si rese irreperibile. Le forze dell'ordine si misero subito sulle sue tracce. L'uomo era stato condannato in passato per violenze, proprio nei confronti di una ex compagna. Nel 2008 i Carabinieri del paese avevano inviato una relazione in Questura a causa dei suoi atteggiamenti violenti e, per tale motivo, si era proceduto alla revoca del porto d'armi.
Rimasto latitante per poco più di ventiquattro ore, il sessantunenne fu catturato e arrestato dai Carabinieri nel corso del pomeriggio del giorno seguente, l'11 settembre. Avrebbe passato la notte in un casolare della zona, poi si era introdotto nella casa disabitata dove risiedeva la madre, non molto distante dall'abitazione a Villaga (Vicenza) che condivideva con la vittima.[4]
Pellizzari era stato denunciato da una precedente ex compagna che aveva conosciuto nel 2004. La donna aveva testimoniato di essere stata più volte picchiata, si era rivolta alle forze dell'ordine e aveva deciso di allontanarsi da lui. L'uomo finì a processo e venne condannato a quattro mesi di reclusione. Il giudice gli concesse la sospensione condizionale della pena.[5]
Rita Amenze, il giorno prima dell'agguato, si era presentata alla stazione dei Carabinieri di Barbarano Mossano per segnalare il fatto che l'ex compagno le aveva messo le mani addosso per cacciarla di casa. I militari effettuarono una serie di accertamenti, ma non risultarono concreti elementi per far scattare la procedura del "Codice rosso".[6]
Dopo l'arresto, il sessantunenne si avvalse della facoltà di non rispondere davanti agli inquirenti. L'uomo fu condotto in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato, porto abusivo d'arma e minaccia aggravata. Alle contestazioni fu aggiunto anche il reato di rapina perché, dopo aver sparato alla moglie, il malintenzionato le aveva sottratto il portafogli.[7][8]
Alla chiusura delle indagini, Pellizzari fu rinviato a giudizio. La Procura aveva confermato le accuse di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai vincoli di parentela, ricettazione e porto abusivo di una pistola clandestina, rapina, minaccia e maltrattamenti.[9] Ascoltato nel corso di un'udienza del processo, l'imputato aveva confessato le proprie responsabilità, affermando di non sapere cosa gli fosse successo la mattina del delitto, quando aveva sparato alla moglie dinanzi a diversi testimoni.
Il 30 maggio 2023 Pellizzari fu condannato in primo grado all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Vicenza.[10][11] Nel processo di secondo grado, l'imputato fu sottoposto a una perizia psichiatrica, su richiesta dei legali della difesa che sostenevano la seminfermità mentale per il loro assistito.[12] L'esame stabilì la capacità di intendere e di volere per Pellizzari, ma con un deficit intellettivo lieve.
La pubblica accusa chiese la conferma dell'ergastolo, ma il 14 maggio 2024 la Corte d'Appello di Venezia ridusse la pena a 21 anni di reclusione complessivi: 19 per l'omicidio, più 2 anni e 2 mesi per rapina, minacce e porto d'armi. La sentenza escluse l'aggravante della premeditazione e riconobbe le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate.[13]