Voce su Iulia Astafieya
La Chiesa di Maria Santissima Addolorata a Rosarno in provincia di Reggio Calabria (su concessione di BeWeB - Beni Culturali Ecclesiastici in Web)
Il corpo senza vita di Iulia Astafieya, 35 anni, originaria dell'Ucraina, fu trovato nel tardo pomeriggio del 7 marzo 2023 all'interno dell'abitazione in cui risiedeva a Rosarno, un comune della provincia di Reggio Calabria nella piana di Gioia Tauro.[1][2]
A scoprire il cadavere sarebbe stato il proprietario della struttura, che successivamente aveva allertato i soccorsi. Gli agenti del Commissariato di Gioia Tauro, coordinati della Procura di Palmi (Reggio Calabria), si adoperarono subito per cercare il compagno e convivente della donna, Denis Molchanov, che nel frattempo si era reso irreperibile.[3]
L'uomo, connazionale e coetaneo della vittima, dopo alcune ore di ricerche fu rintracciato e sottoposto a fermo, sospettato di essere l'autore dell'omicidio. Nel corso dell'interrogatorio dinanzi agli inquirenti, avrebbe confessato il delitto.[4]
Da un primo esame, effettuato dal medico legale sulla salma dalla trentacinquenne, sarebbero stati riscontrati diversi segni di violenza e colluttazione, anche pregressi. I due vivevano da molti anni a Rosarno ed erano immigrati regolari. Secondo le ipotesi degli investigatori, i litigi in casa erano frequenti e l'aggressione mortale sarebbe avvenuta al culmine di un'ennesima violenta discussione.
Nel successivo mese di giugno, Molchanov si suicidò nella cella del carcere di Rebibbia di Roma, dove si trovava detenuto. Secondo gli ultimi accertamenti disposti dalla Procura di Palmi e riportati alla stampa locale dall'avvocato di Molchanov, l'esame autoptico avrebbe ricondotto la morte di Iulia Astafieya per impiccagione, e non per strangolamento o soffocamento come fu ritenuto inizialmente.
Sempre secondo il legale, gli ultimi sviluppi riabiliterebbero il proprio assistito che aveva sempre sostenuto di aver dovuto forzare la porta della stanza dove la vittima si era chiusa dall'interno, accorgendosi che era stata usata una tenda legata allo stipite dell'infisso per porre fine alla vita della compagna, che lui aveva provato a rianimare ponendola sul letto e praticando la respirazione bocca a bocca. Poi il trentacinquenne, dopo avere constatato il decesso, sarebbe fuggito "per paura".[5]