Voce su Samanta Fava
Uno scorcio del fiume Liri passante per Sora, paese d'origine di Samanta Fava in provincia di Frosinone (di Gabriel Marchionni, licenza CC BY-SA 3.0)
Samanta Fava, 36 anni, era una commessa originaria di Sora, in provincia di Frosinone, e scomparsa il 2 aprile 2012. La denuncia di sparizione fu presentata dall'ex marito, Maurizio Gabriele, da cui era legalmente separata e con il quale aveva avuto un figlio.
Fu iscritto nel registro degli indagati l'ex fidanzato della vittima, Antonio Cianfarani, 42 anni, detto Tonino, conosciuto prima del matrimonio e tornato nella vita della donna dopo la separazione. Le comparazioni dei tabulati telefonici mostrarono che la signora Fava era insieme all'uomo la sera precedente alla scomparsa. Messo sotto torchio dagli inquirenti, Cianfarani rivelò che la donna cadde dalle scale della sua abitazione la sera del 3 aprile 2012, dopo aver avuto una crisi epilettica.[1]
Il quarantaduenne si accorse che era morta e, in preda al panico, decise di occultarne il corpo trasportandolo fuori e gettandolo nel fiume Liri. Una versione però non veritiera. Successivamente infatti l'attività investigativa scoprì che la trentaseienne fu uccisa e poi murata. Il cadavere in stato di decomposizione fu ritrovato il 19 giugno 2013, avvolto in un sacco e legato con delle fascette, murato in un caminetto dell'abitazione dell'uomo a Fontechiari in provincia di Frosinone.[2][3] L'esame autoptico stabilì che la vittima fu colpita violentemente al volto e poi strangolata, prima di essere murata.
Secondo la ricostruzione della pubblica accusa, l'uomo aveva compiuto l'efferato gesto perché la trentaseienne intratteneva un'altra relazione. L'aggressione mortale sarebbe avvenuta nel bagno dell'abitazione, al culmine di una violenta lite. Cianfarani fu condannato in primo grado a 25 anni di reclusione per omicidio volontario e occultamento di cadavere.[4] La sentenza fu confermata in Appello e resa definitiva dalla Corte di Cassazione.[5][6]
Nel gennaio del 2020 Cianfarani morì all'ospedale Santissima Trinità di Sora a causa di una grave malattia.[7]