Voce su Jennifer Sterlecchini
Jennifer Sterlecchini, 26 anni, fu uccisa a Pescara dall'ex compagno Davide Troilo, 32 anni, la mattina del 2 dicembre 2016.[1]
La Chiesa Parrochiale del Beato Nunzio Sulprizio Operaio a Pescara, dove sono stati celebrati i funerali di Jennifer Sterlecchini (su concessione di BeWeB - Beni Culturali Ecclesiastici in Web)
I due si conobbero nel 2013 ed iniziarono quasi subito a convivere. Lei, impiegata come commessa, era una ragazza a detta di tutti allegra, buona e intelligente, una vera forza della natura che con tenacia ed impegno si era laureata in lingue. Lui, un uomo all'apparenza tranquillo, era impiegato in una ditta per la manutenzione di ascensori. Il trentaduenne si era lasciato alle spalle un matrimonio dal quale nacque un figlio, ancora piccolo.
Per la giovane non era un problema il fatto che lui avesse già un bambino. La loro relazione però cominciò a mostrare le prime crepe nel 2015, quando il padre di lei si suicidò. Poco dopo lui rimase senza lavoro, divenne sempre più geloso e le tensioni aumentarono nella coppia. Il rapporto si logorò al punto che Jennifer decise di scrivere la parola fine alla loro storia. I due si lasciarono nell'autunno del 2016.
Il 2 dicembre, quattro giorni dopo dalla rottura, la giovane insieme alla madre e ad un'amica, collega di lavoro, si recò nell'abitazione di Troilo, poco distante dall'aeroporto internazionale d'Abruzzo, per recuperare alcuni effetti personali. Mentre la mamma e l'amica erano fuori dall'edificio, i due nell'appartamento cominciarono a litigare per un tablet.
Lui chiuse la porta, la discussione degenerò e lei rimase uccisa dopo una violenta aggressione a colpi di botte e 17 coltellate. La mamma e l'amica sentivano le urla della vittima dall'esterno, ma non poterono fare nulla per salvarla perché la porta era chiusa dall'interno. Soltanto nei minuti successivi, quando era ormai troppo tardi, l'uomo fu bloccato dal personale delle forze dell'ordine intervenuto sul posto. Trovato ferito e in stato confusionale, fu ricoverato in ospedale.
Uno scorcio di Pescara (di Ra Boe, licenza CC BY-SA 3.0)
Troilo dichiarò agli inquirenti che l'ex compagna, su tutte le furie durante l'alterco, avrebbe iniziato a ferirsi da sola con un coltello. Sarebbe così seguita una colluttazione dove entrambi si sarebbero colpiti a vicenda con fendenti d'arma da taglio. Lei ebbe la peggio e lui sarebbe stramazzato sul pavimento, svenuto per la concitazione del momento.[2]
Secondo una diversa chiave di lettura, tuttavia, il trentaduenne dopo la fatale aggressione avrebbe realizzato una messinscena, infliggendosi delle coltellate e sdraiandosi di fianco al corpo per sostenere la tesi della colluttazione con l'ex compagna.[3] In ogni caso, l'uomo si era avvalso della facoltà di non rispondere nel corso dell'interrogatorio di garanzia dinanzi al giudice per le indagini preliminari.[4]
Troilo fu sottoposto a una perizia psichiatrica che stabilì la sua capacità di intendere e di volere nel momento del delitto.[5] Nel gennaio del 2018 l'uomo fu condannato in primo grado a 30 anni di reclusione, comprensivi dello sconto di un terzo della pena per la scelta del procedimento in rito abbreviato. La sentenza riconobbe l'aggravante dei futili motivi, ma non la premeditazione.[6] Il verdetto fu confermato in secondo grado nel marzo del 2019.[7]
Nel settembre del 2020, tuttavia, la Corte di Cassazione annullò con rinvio la sentenza in relazione all'aggravante dei futili motivi.[8] La difesa dell'imputato contestò tale aggravante, nonché la mancata concessione delle attenuanti generiche e il rigetto della richiesta di esecuzione di una nuova perizia psichiatrica.
Nel giugno del 2021 la Corte d'Appello di Perugia confermò la sussistenza dell'aggravante dei futili motivi, non concedendo alcuno sconto di pena e ribadendo la condanna a 30 anni di reclusione.[9] Le sentenza fu resa definitiva dalla seconda pronuncia della Cassazione nel settembre del 2022.[10]
La foce del fiume vista dal Ponte del Mare a Pescara (di Luca Aless, licenza CC BY-SA 4.0)
Considerazioni dell'autrice (N.D.).
Questa vicenda dimostra ancora una volta che se la persona ha deciso di ucciderti, lo farà a prescindere dai deterrenti legislativi, perché ancora non si è raggiunta la perfezione, ed a prescindere dalla presenza o meno di terze persone.
Si dice sempre: "Non dategli un ultimo appuntamento, non andate da sole", e questo è giustissimo. Ma Jennifer era andata con la mamma ed un'amica e lui è riuscito ad ucciderla lo stesso. Quel grido disperato "Aiuto, mamma, mi sta ammazzando", non è servito a nulla se non a rendere ancora di più disperate le due donne di fronte alla loro impotenza. Ancora una vita è stata sacrificata, una ragazza con tutto un futuro davanti, che purtroppo non potrà vivere perché non ha riconosciuto che dietro quell'amore c'era molto altro.
E questa non può essere solo una battaglia delle donne. Per sconfiggere il modo di pensare di certi uomini si inizia da piccoli, con l'educazione in famiglia e poi nelle scuole, perché si può sconfiggere il femminicidio, questa piaga sociale, solo partendo dalla testa, perché "donne e uomini migliori si diventa fin dai banchi di scuola" (cit. Gabriele Corsi).[11]