Voce su Azka
La sera del 24 febbraio 2018 la Polizia Stradale fu allertata per un incidente avvenuto lungo la provinciale passante per Trodica, frazione del comune di Morrovalle in provincia di Macerata. Una persona era riversa sull'asfalto, sotto la pioggia battente, dopo essere stata investita da un'auto. Si trattava di Azka, una giovane pachistana di 19 anni. Nonostante l'intervento del soccorso medico giunto sul posto, la ragazza non riuscì a sopravvivere.
Uno scorcio panoramico di Morrovalle in provincia di Macerata
Sul luogo era presente anche il padre della vittima, Muhammad Riaz, 44 anni, che riferì di aver accostato la propria auto per un problema e, successivamente, la figlia scese dall'abitacolo, ma fu investita da una vettura di passaggio. Il conducente che aveva travolto la diciannovenne invece riferì di aver intravisto il corpo della ragazza già disteso lungo l'asfalto e che, a causa della pioggia e della scarsa visibilità, non riuscì a evitarla.
Quando sul caso fu aperta un'indagine in Procura, gli investigatori notarono la presenza di un diverso fascicolo in cui il signor Muhammad risultava indagato per maltrattamenti in famiglia. In tale ambito, il successivo 28 febbraio, avrebbe dovuto tenersi un incidente probatorio per ascoltare Azka insieme coi suoi due fratelli e la sorella. L'ipotesi degli inquirenti era che la vittima avesse vissuto in un contesto di degrado nel quale il padre l'avrebbe, in più occasioni, maltrattata. Sospetti alimentati anche dai primi esami medici sul cadavere della giovane che presentava sul volto segni incompatibili con le conseguenze di un investimento, ma piuttosto riconducibili a delle percosse.
Sulla base degli elementi raccolti, l'uomo fu arrestato per omicidio preterintenzionale e violenza sessuale. Nell'interrogatorio di garanzia, di fronte al giudice per le indagini preliminari, Muhammad Riaz si avvalse della facoltà di non rispondere.[1] Il quarantaquattrenne si era sempre proclamato innocente e, tramite il suo legale, fece presentare ricorso contro la disposizione di misura cautelare. Nel successivo mese di marzo il Tribunale del Riesame di Ancona respinse definitivamente la richiesta di scarcerazione.[2]
Nel gennaio del 2019 il pachistano fu rinviato a giudizio per maltrattamenti contro i familiari aggravati dalla presenza di minorenni, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne aggravati dal rapporto di parentela, lesioni volontarie e omicidio preterintenzionale aggravato dal rapporto di parentela.
Secondo le indagini, l'indiziato avrebbe minacciato e maltrattato i figli a partire del 2014, prima a Montelupone e poi a Recanati (dove la famiglia si era trasferita). Probabilmente altri episodi simili sarebbero avvenuti anche in Pakistan, precedentemente al trasferimento in Italia. Le due figlie sarebbero finite più volte al pronto soccorso e, fin da quando erano ancora minorenni, sarebbero state spesso costrette a subire rapporti sessuali con il padre che le obbligava con la forza. Azka, in particolare, sarebbe rimasta incinta più volte e costretta ad abortire con le medicine che l'uomo si faceva inviare dal Pakistan (dove vivevano la moglie e gli altri due figli).
Uno scorcio dall'alto di Recanati scattato dalla dalla Torre Civica (di Letizia93, licenza CC BY-SA 4.0)
Sempre secondo le ricostruzioni degli inquirenti, la sera del 24 febbraio 2018, il signor Muhammad avrebbe picchiato Azka alla testa, abbandonandola in stato di semi incoscienza sotto la pioggia sull'asfalto della provinciale a Trodica dove, poco dopo, la ragazza fu investita. L'autopsia aveva confermato la morte della giovane a causa dell'incidente stradale.[3][4]
Durante l'udienza in Tribunale del 17 luglio 2019, la Procura modificò l'accusa nei confronti di Muhammad Riaz da omicidio preterintenzionale a omicidio volontario, configurando la volontà dell'accusato di uccidere la figlia diciannovenne. Tra gli elementi a supporto della decisione, anche le parole della moglie dell'uomo, recatasi in Italia appositamente per testimoniare al processo, che nel corso del dibattimento aveva confermato gli stupri su Azka da parte del padre e la costrizione all'aborto.[5]
Il 4 dicembre 2019 la Corte d'Assise di Macerata accolse le richieste della pubblica accusa e inflisse la condanna all'ergastolo per l'imputato, più l'isolamento diurno per 18 mesi.[6][7] Il verdetto fu confermato il 10 febbraio 2021 dalla Corte d'Appello di Ancona.[8][9] Il 30 giugno 2022 la Corte di Cassazione rese definitiva la sentenza.[10][11]