Voce su Souad Alloumi

Panorama dall'alto di Brescia (di Emiliano Ibanez 1983, licenza CC BY-SA 4.0)
Souad Alluomi, 29 anni, era una donna di origini marocchine scomparsa nella notte tra il 3 e il 4 giugno 2018 a Brescia.[1] Madre di due figli di 3 e 9 anni, abitava in un condominio di via Milano e lavorava come colf e cameriera. Sposata in Marocco con un connazionale di 50 anni, Abdelmjid El Biti, si era poi trasferita in Italia insieme al marito. Nel 2016 i due si erano separati.
L'ex compagno il 5 giugno denunciò la scomparsa della ventinovenne ma, nei giorni seguenti, fu proprio lui a essere fermato in presenza di gravi indizi di colpevolezza a suo carico. A inchiodarlo vi erano le immagini registrate da una telecamera, installata nei pressi della porta sul retro di un bar al piano terra dell'abitazione in cui viveva la vittima.
Nei video si vedeva la giovane rincasare da sola verso le 23.30 del 3 giugno. Poco più tardi, giunse anche l'ex che accompagnava i figli nell'appartamento. Poi intorno alle 4.00 di notte il cinquantenne fu ripreso nuovamente mentre attraversava il cortile interno del complesso trascinando un pesante sacco nero. All'interno ci sarebbe stato il cadavere di Souad Alluomi.[2][3]
Sulla base di tali elementi, il giudice per le indagini preliminari aveva convalidato il fermo e la custodia cautelare in carcere nei confronti del marocchino. Secondo il giudice, il gesto sarebbe stato premeditato e, considerando la testimonianza di un'amica della vittima, Souad sarebbe stata anche minacciata di morte. La ragazza in passato aveva già denunciato più volte El Biti per lesioni e maltrattamenti.
Inoltre la figlia di 9 anni, ascoltata in audizione protetta, aveva spiegato che la notte del 3 giugno i genitori litigavano a voce alta e il papà l'aveva avvertita di stare attenta perché la madre poteva lasciarla a casa da sola. Gli stessi figli la sera successiva avevano fatto visita ad alcuni vicini perché non sapevano dove fosse finita la mamma.
L'accusato, durante l'udienza di convalida, si avvalse della facoltà di non rispondere. Sin dal giorno in cui presentò la denuncia di scomparsa, aveva sempre affermato che la ventinovenne si era allontanata da sola.[2][4] Nei mesi seguenti continuarono le indagini, ma il corpo della vittima non fu mai rinvenuto. Adbelmjid ribadiva la sua innocenza e, tramite i suoi legali, aveva presentato ricorso contro la misura di custodia cautelare. Tuttavia sia il Tribunale del Riesame che la Cassazione respinsero la richiesta di scarcerazione.[5]
Nel marzo del 2019 vennero chiuse le indagini. La Procura contestò all'uomo i reati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili, soppressione di cadavere e stalking. Nei mesi successivi fu unificato al processo un ulteriore procedimento, dunque il marocchino venne anche accusato di maltrattamenti, violenza sessuale e minacce.[3][6]

Uno scorcio di Piazza della Vittoria a Brescia (di Wolfgang Moroder, licenza CC BY-SA 3.0)
Nel mese di novembre, la figlia maggiore fu ascoltata in sede di incidente probatorio. In quell'occasione la bambina aveva riferito una versione diversa, raccontando che la sera del 3 giugno non sentì i genitori litigare perché, stanca, andò subito a dormire insieme al fratello. Un avvenimento per lei strano, tanto da ipotizzare che il padre avesse utilizzato un sedativo mischiato al cibo per farla addormentare.
Considerate le piccole dimensioni dell'appartamento, se ci fosse stato un litigio, i figli lo avrebbero sentito. La stessa bambina aveva inoltre confermato le violenze del padre nei confronti della madre. Venne in seguito effettuato un sopralluogo sul posto in cui era emerso che la donna avrebbe potuto utilizzare una via alternativa per uscire dall'abitazione senza essere filmata dalla telecamera: un dettaglio che precedentemente fu escluso.[7]
Il 6 dicembre 2019, su richiesta della pubblica accusa che lo riteneva responsabile della scomparsa e della morte dell'ex moglie, la Corte d'Assise di Brescia aveva condannato Abdelmjid El Biti all'ergastolo, riconoscendo i capi di imputazione di omicidio volontario, distruzione di cadavere, violenza sessuale, maltrattamenti e atti persecutori.[8] L'11 dicembre 2020 la Corte d'Appello di Brescia confermò l'ergastolo e ritenne il reato di stalking assorbito in quello di maltrattamenti in famiglia.[9] La sentenza fu resa definitiva il 5 aprile 2022 dalla Corte di Cassazione.[10][11]