Voce su Maria Zarba
Maria Zarba, 66 anni, fu trovata morta nella sua abitazione a Ragusa la sera dell'11 ottobre 2018.
A scoprire il corpo senza vita della signora fu uno dei nipoti che di solito le faceva compagnia dopo il lavoro.[1] La donna, originaria di Vittoria (Ragusa), era stata sposata con Giuseppe Panascia, 74 anni, con il quale aveva avuto quattro figli.
La Chiesa di S.Giovanni Battista a Ragusa dove sono stati celebrati i funerali di Maria Zarba (di trolvag, licenza CC BY-SA 3.0)
Il loro matrimonio si concluse circa un anno prima del drammatico episodio, tramite la separazione legale. Tra i due, però, nell'ultimo periodo sarebbero intercorsi numerosi conflitti. L'uomo dormiva a casa della madre, ma durante il giorno faceva frequentemente visita alla ex moglie: un comportamento che avrebbe ulteriormente inasprito il loro rapporto.
Nelle ore successive al ritrovamento del cadavere della sessantaseienne, Panascia venne fermato dalle forze dell'ordine con l'accusa di omicidio volontario. Fu lo stesso nipote che aveva scoperto il corpo esanime della nonna a indicare l'uomo come presunto responsabile del delitto. Il settantaquattrenne, interrogato dal pubblico ministero, negò di aver ucciso l'ex moglie sostenendo di averle fatto visita nelle ore precedenti e di aver lasciato la casa quando lei era ancora in vita. Tali dichiarazioni però furono poco convincenti e nei confronti dell'uomo venne convalidata la misura di custodia cautelare in carcere.
Alla conclusione delle indagini, le ipotesi degli inquirenti furono confermate dalle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza della zona che avevano accertato la presenza di Panascia nell'abitazione della vittima nei minuti in cui fu compiuta l'aggressione mortale. Inoltre, tracce di sangue della donna furono rilevate sui vestiti, nelle maglie dell'orologio e nell'auto dell'indiziato. Dall'esame autoptico emerse che la signora Zarba fu violentemente colpita più volte alla testa con un oggetto contundente. Tuttavia l'arma del delitto non fu mai rinvenuta.[2][3]
Un anno dopo, nell'ottobre del 2019, l'uomo fu rinviato a giudizio. La Procura ribadì nei suoi confronti l'accusa di omicidio volontario.[4] Il 21 luglio 2020 la Corte d'Assise di Siracusa aveva condannato l'imputato all'ergastolo.[5] La sentenza fu confermata il 9 dicembre 2021 dalla Corte d'Appello di Catania.[6]