Voce su Elena Madalina Luminita
Elena Madalina Luminita, 32 anni, fu trovata morta la mattina del 7 dicembre 2020 all'interno della sua abitazione a Pescia Fiorentina, frazione della città di Capalbio in provincia di Grosseto. A ucciderla fu il marito Adrian Luminita, 39 anni.[1][2]
La Chiesa del Cuore Immacolato di Maria, situata nella frazione di Borgo Carige a Capalbio, dove sono stati celebrati i funerali di Madalina Luminita (di LigaDue, licenza CC BY-SA 4.0)
I due coniugi, originari della Romania, si erano trasferiti in Italia da una decina di anni e risiedevano nella dependance di una villetta. Lui era dipendente del proprietario, impiegato come manutentore nella struttura. Lei invece lavorava come colf in un'abitazione poco distante dal posto. L'uomo colpì la moglie con numerose coltellate al culmine di un violento litigio. Nel corso dell'aggressione il trentanovenne aveva subito diverse lesioni.[3][4]
A chiamare i soccorsi fu lo stesso omicida nelle prime ore del mattino, ma il delitto sarebbe avvenuto diverse ore prima, probabilmente nel corso della notte. I sanitari del pronto intervento medico giunti nell'appartamento della coppia non poterono fare altro che constatare il decesso della vittima. La donna presentava varie bruciature e ferite d'arma da taglio in diverse parti del corpo. La prima ispezione medico legale stimò all'incirca una decina di fendenti che non lasciarono scampo alla trentaduenne. Gran parte delle lesioni erano localizzate intorno al ventre.
Sul posto accorsero anche i Carabinieri che avevano rinvenuto gli arredi a soqquadro e parti della casa bruciate in seguito a un tentativo di incendio. Secondo le ricostruzioni, l'uomo avrebbe provato a dare fuoco all'abitazione per cancellare le tracce del proprio gesto, ma non ci era riuscito. I militari recuperarono all'interno del locale anche il coltello che sarebbe stato utilizzato per compiere il delitto.
Uno scorcio di Capalbio con la torre della Rocca aldobrandesca sullo sfondo, monumento simbolo della città in provincia di Grosseto (di Mongolo1984, licenza CC BY-SA 4.0)
Il trentanovenne fu trasportato all'ospedale di Orbetello per le diverse ustioni rimediate nel tentativo di incendio.[5][6] Nel pomeriggio fu sottoposto ad arresto e trasferito al nosocomio di Siena.[7] Interrogato dal magistrato e dai Carabinieri, l'uomo confessò l'omicidio della moglie. Luminita sostenne di aver avuto un aspro diverbio con la coniuge: lui aveva intenzione di tornare in Romania, ma la donna era fermamente contraria a lasciare l'Italia.[8][9] Il giudice per le indagini preliminari convalidò l'arresto nei confronti del trentanovenne disponendo la custodia cautelare in carcere.[10]
L'esame autoptico aveva ricostruito circa 28 fendenti sferrati ai danni della vittima. La trentaduenne sarebbe stata colpita alle spalle, ma si sarebbe difesa strenuamente, fino a soccombere sotto i colpi del marito. Poi il corpo esanime fu trascinato al centro dell'appartamento dove venne cosparso di liquido infiammabile nel tentativo di bruciarlo, ma Luminita non riuscì nell'intento, rimanendo lui stesso parzialmente ustionato. L'uomo avrebbe inoltre infierito sul corpo senza vita della vittima con ulteriori fendenti. Infine avrebbe messo un coltello nella mano di lei mentre quello utilizzato per l'aggressione sarebbe stato nascosto, ma successivamente ritrovato dai militari.[11][12]
Il 22 luglio 2022 la Corte d'Assise di Grosseto condannò l'imputato all'ergastolo.[13] Le motivazioni della sentenza sottolinearono l'impossibilità di riconoscere le attenuanti all'imputato perché aveva "tolto la vita alla propria moglie, dopo averla colpita con ventotto coltellate, salvo poi cercare di convincere l'autorità giudiziaria che era stato lui a difendersi, e che era gravemente malato".
Nel corso del processo di secondo grado fu disposta una perizia psichiatrica che valutò l'uomo capace di intendere e di volere. Il 28 giugno 2023 la Corte d'Appello di Firenze confermò la condanna all'ergastolo. La sentenza escluse le aggravanti della minorata difesa e della crudeltà (riconosciute in primo grado), mentre rimase valida quella dell'aver agito contro la coniuge (che permise di confermare il "fine pena mai").[14][15]