Voce su Cristina Peroni
Uno scorcio dell'Arco di Augusto a Rimini (di Albino Di Lieto e GeoSearch, licenza CC BY 2.0)
Cristina Peroni, 33 anni, fu uccisa la mattina del 25 giugno 2022 in un'abitazione di Bellariva, frazione della città di Rimini.[1][2]
Ad allertare i soccorsi furono i vicini di casa che avevano sentito delle forti urla provenire dall'appartamento in cui risiedevano la donna, il suo ex compagno Benedetto Simone Vultaggio, 47 anni, e il loro piccolo figlio di 5 mesi. Sul posto giunsero gli agenti della locale Squadra Mobile. Vultaggio non oppose resistenza e si consegnò ai poliziotti che, insieme al personale sanitario, rinvennero il corpo senza vita della vittima all'interno dell'abitazione in un lago di sangue. Per lei non ci fu null'altro da fare che constatare il decesso.[3][4]
Sul corpo della donna erano presenti numerose lesioni d'arma da taglio. Secondo la prima ispezione medico legale, la trentatreenne fu colpita più volte, prima con un mattarello, poi con un gran numero di fendenti d'arma da taglio.[5][6] Il bambino, presente in casa durante l'aggressione, era illeso e fu affidato al personale dei servizi sociali.
Vultaggio fu condotto in Questura e sottoposto ad arresto con l'accusa di omicidio volontario. Di fronte agli inquirenti si avvalse della facoltà di non rispondere. L'uomo lavorava come magazziniere in un mobilificio di San Marino.[7] Aveva conosciuto Cristina nel 2020 su internet, durante il lockdown per la pandemia di Covid-19. In seguito i due avevano iniziato a frequentarsi e poi era cominciata la loro relazione. Lei era originaria di Mentana, un comune alle porte di Roma, ma per stare accanto al compagno si era trasferita a Rimini. Dalla loro unione era nato il bambino.
Il loro rapporto però fu caratterizzato da periodi di forti tensioni, tanto che la trentatreenne per alcune settimane aveva lasciato l'abitazione di Rimini per tornare a Roma. I numerosi diverbi fra i due non erano soltanto legati alla crisi della loro relazione, ma soprattutto alla gestione del loro piccolo figlio. Non risultavano tuttavia pregresse segnalazioni o denunce per maltrattamenti o violenza domestica alle forze dell'ordine. Il quarantasettenne da circa un mese era seguito dal servizio psichiatrico del Centro di Salute Mentale di Rimini perché soffriva di insonnia e aveva delle crisi d'ansia.
Nell'interrogatorio di garanzia Vultaggio rispose alle domande del giudice per le indagini preliminari. L'uomo spiegò di temere che la donna lasciasse definitivamente l'abitazione di Rimini, portando con sé il figlio a Roma, perché non era più convinta di proseguire la relazione con lui. La mattina del 25 giugno ci sarebbe stato un ennesimo scontro in casa.
Secondo il suo racconto, lui aveva chiesto a Cristina di prendere in braccio il bambino. Lei però, in un primo momento, lo avrebbe ignorato, poi avrebbe strattonato il neonato per una gamba e lo avrebbe rimesso nella culla. Un atteggiamento che avrebbe fortemente infastidito il quarantasettenne. Da quel frangente Vultaggio riferì di non ricordare più nulla. L'uomo avrebbe avuto un vuoto di memoria sulle sequenze riguardanti l'aggressione, ricordando soltanto i momenti successivi quando, sporco di sangue, usciva di casa con il bambino in braccio.[8][9]
Il giudice per le indagini preliminari convalidò l'arresto, evidenziando nell'ordinanza l'efferatezza e l'estrema crudeltà del delitto, desumibili dall'alto numero di colpi inferti ai danni della vittima e dall'utilizzo di diverse armi, in particolare un coltello e un mattarello.[5][6]
Il successivo mese di novembre l'uomo si vide notificare in carcere un ulteriore provvedimento di custodia cautelare sulla base delle risultanze delle indagini. In particolare fu ricostruito che i maltrattamenti nei confronti della vittima erano iniziati quando i due avevano cominciato a convivere. Si trattava di vessazioni di natura sia fisica che psicologica con "costanti atteggiamenti denigratori e offensivi", messi in atto anche quando la donna era incinta o mentre allattava il piccolo.
La Chiesa di Santa Maria degli Angeli a Mentana, in provincia di Roma, dove sono stati celebrati i funerali di Cristina Peroni (su concessione di BeWeB - Beni Culturali Ecclesiastici in Web)
Nell'ordinanza il giudice aveva precisato che l'omicidio rappresentava l'esito di una serie di condotte reiterate e già pienamente maltrattanti. Fra i vari elementi raccolti, furono determinanti anche le confidenze che la vittima aveva espresso attraverso dei messaggi telefonici, nonché le dichiarazioni rilasciate dalla stessa al centro antiviolenza dello sportello del Comune di Monterotondo (Roma).
In particolare, il precedente 12 febbraio, la donna aveva scritto un messaggio a un'amica: "Se muoio, mio figlio va affidato a mia mamma, nel mio telefono ci sono varie prove per il giudice: io me ne voglio andare da qui, non so come fare".[10] L'autopsia sul corpo della vittima aveva evidenziato una brutale aggressione: prima pestata con circa 14 colpi di mattarello, poi massacrata con circa 51 fendenti sferrati con un coltello a serramanico e diretti in varie parti del corpo, tra cui in particolare al collo.
L'indagato fu sottoposto a due perizie psichiatriche: quella effettuata su richiesta del PM stabilì che l'uomo era lucido al momento del delitto; mentre quella presentata dal legale difensore sostenne che l'assistito non era in grado di intendere e di volere nel corso dell'aggressione mortale alla convivente.[11] Nel febbraio del 2023, dopo la conclusione delle indagini da parte della Procura di Rimini, Vultaggio fu rinviato a giudizio.[12]
Il 4 dicembre 2023 la Corte d'Assise di Rimini aveva condannato l'imputato all'ergastolo. La sentenza riconobbe le aggravanti dei futili motivi, la crudeltà, il rapporto di convivenza con la trentatreenne e l'aver commesso l'omicidio in occasione dei maltrattamenti alla vittima.[13]