Voce su Manuela Petrangeli
Manuela Petrangeli, 51 anni, fu uccisa dall'ex compagno Gianluca Molinaro, 53 anni, il 4 luglio 2024 a Roma.[1][2]

L'ingresso della Chiesa di San Paolo della Croce nel quartiere Gianicolese di Roma (di Umberto Rotundo, licenza CC BY 2.0)
L'omicidio si consumò nel primo pomeriggio in strada, in via degli Orseolo, tra i quartieri Gianicolese e Portuense. Poco prima delle ore 14:00, la vittima era uscita dalla casa di cura "Villa Sandra", dove era impiegata come fisioterapista, e stava per raggiungere la sua automobile per andare a prendere il figlio di 9 anni a casa dei nonni. Dopo aver percorso poche decine di metri, la donna fu avvicinata dall'ex compagno a bordo di una vettura.
Sul posto Molinaro fermò la macchina, aprì lo sportello, si rivolse alla cinquantunenne e poi sparò contro di lei almeno due colpi con un fucile a canne mozze. Dopodiché il malintenzionato risalì nella propria auto e si diede alla fuga, mentre la signora Petrangeli si accasciò esanime sull'asfalto.
L'accaduto richiamò l'attenzione dei passanti e di alcune colleghe della vittima che allertarono i soccorsi. Purtroppo i sanitari intervenuti successivamente sul luogo del delitto non poterono fare altro che constatare il decesso.[1] La donna fu raggiunta da due colpi, esplosi a distanza ravvicinata: uno al braccio e l'altro, fatale, al cuore.[3]
Molinaro si rese irreperibile e avrebbe vagato per circa un'ora lungo le strade della periferia nord-ovest della Capitale, poi si costituì alla caserma dei Carabinieri della compagnia "Eur".[4] Ai militari consegnò l'arma da fuoco con cui aveva tolto la vita all'ex compagna. Il fucile non era regolarmente detenuto e aveva la matricola illeggibile. Dopo aver fornito le prime ammissioni agli inquirenti, l'uomo si chiuse nel silenzio e non seppe spiegare la dinamica dell'accaduto.
Il cinquantatreenne aveva precedenti per stalking su un'altra donna. Prima di consegnarsi alle forze dell'ordine, Molinaro avrebbe pensato al suicidio e aveva chiamato una precedente compagna (madre della sua prima figlia), dicendole: "Le ho sparato, spero sia morta", in riferimento alla fisioterapista appena uccisa. La donna al telefono, nel corso di una lunga conversazione, lo convinse a recarsi dai Carabinieri per costituirsi.[5][6]
Molinaro era impiegato come operatore sociosanitario nella struttura Don Guanella di via Aurelia Antica, conosciuta come la "Casa San Giuseppe". Secondo le ricostruzioni, lui e Petrangeli si erano separati da circa tre anni. Dalla loro relazione era nato un figlio di 9 anni. Non risultavano denunce riguardanti la coppia.[4] La signora Petrangeli, per tutelare il bambino, avrebbe preferito non ricorrere alle forze dell'ordine.[7] La prima compagna invece lo aveva denunciato per maltrattamenti. L'uomo ai tempi fu arrestato e, dopo un paio di mesi in carcere, ritornò libero per seguire dei percorsi di recupero.[6]
Molinaro fu condotto in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e detenzione abusiva d'arma da fuoco. Il successivo 6 luglio, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, l'uomo si avvalse della facoltà di non rispondere.[8] Il giudice per le indagini preliminari convalidò la custodia cautelare richiesta dalla Procura, ravvisando il pericolo di reiterazione dei reati.[3]
Nel successivo mese di ottobre, la Procura Capitolina chiese ed ottenne il rinvio a giudizio. Gli inquirenti contestarono a Molinaro l'omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, lo stalking, la detenzione abusiva di armi e, in relazione a quest'ultima accusa, anche quella di ricettazione.[9] Il processo di primo grado si celebrò alla Corte d'Assise di Roma.
Nell'udienza del 20 maggio 2025 fu ascoltato il fratello della vittima, che ripercorse la relazione tra la sorella e Molinaro, e i tre anni successivi alla loro separazione. «Manuela era prigioniera della gelosia dell'ex. Da quando si erano lasciati, mia sorella non ha avuto più vita, lui non le lasciava modo di fare nulla – precisò l'uomo davanti ai giudici –. Molinaro poi iniziò a rivolgerle minacce pesanti, con messaggi e vocali. Lei mi aveva mandato dei vocali che le aveva inviato, di offesa e minaccia. Ricordo che rimasi scosso, erano cose brutali».
"Nel periodo del Covid mi ha raccontato che era sempre controllata – continuò il fratello della vittima –, non poteva mandare messaggi, perché lui le chiedeva che stesse facendo e a chi scrivesse. Pensava che mia sorella lo tradisse, era una fissazione". Nel dicembre del 2021, "ricevetti una telefonata da Molinaro, mi disse che mia sorella lo aveva tradito e che lo avrebbe scoperto perché aveva messo delle cimici nell'appartamento e nell'auto di lei. Secondo lui, mia sorella aveva un rapporto con un suo paziente".
«Non mi dimenticherò mai una chiamata di Manuela, era sola e piangeva. Mi ha detto: "tanto prima o poi mi uccide"». A conferma dello stato di timore in cui la fisioterapista viveva, il fratello aggiunse: "Si sentiva sempre seguita, mi chiedeva di accompagnarla perché aveva paura di incontrarlo". Alla domanda sull'ipotesi di denunciare tali condotte vessatorie e persecutorie, il testimone rispose: "Mia sorella mi ha detto di avere paura, mi ha sempre detto di non intervenire, per protezione anche nei miei confronti".[10]

La Chiesa di Santa Maria della Salute nel quartiere Primavalle di Roma, dove sono stati celebrati i funerali di Manuela Pietrangeli (di Pufui PcPifpef, licenza CC BY-SA 4.0)
Nel corso della stessa udienza fu ascoltata anche una collega di lavoro, di nome Cristina, con la quale la vittima aveva trascorso gli ultimi istanti di vita: «Eravamo appena uscite dalla casa di cura. Ad un certo punto, in strada, ho visto che Manuela si era pietrificata, era terrorizzata, quindi mi sono girata per vedere dove stava guardando. Ho visto una macchina che si è messa tra me e lei, con a bordo una persona con degli occhiali da sole specchiati sul lato del guidatore, non ho riconosciuto chi fosse. Ho sentito Manuela dire "Cri"... dopodiché è successo tutto in pochi secondi».
"C'è stato un primo colpo – ha continuato la collega –, poi un movimento della mano sull'arma da parte del conducente, non so se fosse per ricaricarla, e poi un secondo colpo". Poi la donna si era precipitata a soccorrere la vittima: "Dopo il secondo colpo Manuela si è accasciata a terra tra la sua auto e una rete, c'era sangue che schizzava dappertutto". In aula fu ascoltato anche il medico legale incaricato di eseguire l'autopsia: "Furono esplosi almeno due colpi, entrambi sparati da sinistra verso destra. Uno dei due aveva lacerato il cuore e il polmone destro. La causa di morte era riconducibile alla lacerazione di questi organi interni".[10]