Voce su Giada Zanola

Uno scorcio del Municipio di Vigonza in provincia di Padova (di Szeder László, licenza CC BY-SA 4.0)
Giada Zanola, 34 anni, fu trovata morta nel corso della notte tra il 28 e il 29 maggio 2024 sull'autostrada A4 all'altezza di Vigonza, in provincia di Padova. La donna, impiegata come commessa in un negozio di articoli per la casa a Vigonovo (Venezia) e madre di un bambino di 3 anni, era caduta dal cavalcavia sopra l'autostrada, a circa un chilometro di distanza dall'abitazione in cui risiedeva, nello stesso comune del Padovano.[1]
Inizialmente si era ipotizzato un gesto estremo della trentaquattrenne, che si sarebbe buttata dal ponte per togliersi la vita. Però, nelle ore successive, durante la notte tra il 29 e il 30 maggio 2024, il convivente di 39 anni ed ex compagno della vittima, Andrea Favero, venne fermato dalla Polizia di Padova con l'accusa di omicidio volontario. Non si sarebbe dunque trattato di un suicidio.
Il trentanovenne, la mattina del 29 maggio, era stato convocato dalla Polizia in merito al ritrovamento del cadavere dell'ex compagna. In quell'occasione l'uomo aveva riferito di essersi svegliato e di essersi accorto dell'assenza della convivente, poi aveva appreso del suo decesso dalla chat del quartiere. Favero fu rilasciato, ma la sua versione non aveva convinto gli agenti che, nel corso della giornata, avevano analizzato le immagini delle telecamere installate sul cavalcavia e sull'autostrada sottostante.
Le registrazioni non ripresero il momento in cui la donna precipitava, ma gli investigatori evidenziarono il passaggio dell'auto di Favero proprio nei minuti precedenti e successivi alla caduta della vittima dal ponte. Nella serata del 29 maggio, dunque, il trentanovenne fu riconvocato dalla Polizia. Dinanzi agli agenti, l'uomo avrebbe compiuto delle ammissioni sul suo coinvolgimento nella morte dell'ex compagna, specificando di averla afferrata per le ginocchia, sollevandola e spingendola oltre il parapetto del cavalcavia. Una sorta di confessione che, però, non era utilizzabile, perché resa in assenza di un legale difensore.
Tale deposizione non fu ribadita dal trentanovenne, ma portò comunque al fermo dell'uomo, perché considerata indiziante e utile a indirizzare le indagini.[2] Nel successivo interrogatorio, alla presenza di un avvocato, Favero si sarebbe limitato a riferire di non avere una memoria precisa di come si fossero susseguiti gli eventi, ricordando soltanto che la sera del 28 maggio lui e Giada Zanola avevano litigato in casa e lei si era allontanata dall'abitazione a piedi. Dopodiché l'uomo l'aveva seguita in macchina fino al cavalcavia sull'autostrada A4. Le immagini delle telecamere però non riprendevano la donna a piedi dirigersi sul ponte, ma solo l'auto del trentanovenne.
Sempre a suo dire, Zanola sarebbe poi salita nel veicolo dopo essere stata raggiunta dall'ex compagno, ma i due avrebbero continuato a litigare e infine sarebbero scesi entrambi dall'auto. A quel punto Favero sostenne di non ricordare cosa fosse successo: "Non ricordo se siamo saliti sul gradino della ringhiera che si affaccia sull'autostrada". Dopodiché lui era tornato a casa da solo: "Ho pensato subito a mio figlio e al fatto che lo avevamo lasciato a casa da solo, cosa che non era mai successa".
La lite sarebbe avvenuta per la preoccupazione dell'uomo di non vedere più il figlio di 3 anni, nato dalla relazione ormai terminata con l'ex compagna. Giada Zanola era originaria di Folzano, un quartiere di Brescia.[3] Nel 2018 la donna aveva lasciato il capoluogo lombardo per trasferirsi a Vigonza, dove aveva iniziato a convivere con Favero, impiegato come camionista per una ditta di trasporti. Dalla loro unione era poi nato il bambino.
La coppia aveva anche progettato di sposarsi a settembre del 2024,[4] ma ultimamente lei aveva annullato le nozze perché aveva iniziato a frequentarsi con altro uomo, poi divenuto il suo nuovo compagno. Una storia della quale Favero era a conoscenza e, a suo dire, aveva in qualche modo accettato. Infatti i due vivevano da separati in casa.[5]
Zanola però era in procinto di trovarsi una nuova sistemazione per lasciare l'abitazione che condivideva con l'ex compagno, portandosi dietro anche il figlio. Di lì a poco, tra l'altro, la trentaquattrenne avrebbe dovuto iniziare un nuovo lavoro in un impianto di distribuzione di carburanti dove era impiegato il nuovo fidanzato. Ma proprio sull'affidamento del bambino, che la donna avrebbe voluto portare con sé, Giada e Andrea avrebbero avuto l'ennesima furiosa lite nel corso della serata del 28 maggio, prima che lei si allontanasse da casa.
Secondo una preliminare ricostruzione della dinamica del delitto, la vittima sarebbe stata gettata dal ponte per poi impattare sull'asfalto. In un primo momento fu evitata da alcune auto in transito, ma poi fu travolta da un camion. L'esame autoptico sul corpo senza vita, tuttavia, avrebbe evidenziato lividi o escoriazioni non riconducibili alla caduta o all'investimento, dunque indicativi di precedenti maltrattamenti.[6][7]
Vessazioni pregresse che sarebbero state confermate da alcuni conoscenti, secondo cui, la vittima non aveva denunciato le violenze subite per il timore di perdere l'affidamento del figlio.[8] In un ultimo episodio, particolare, Giada Zanola aveva confidato di essere stata afferrata per il collo dal convivente in un litigio avvenuto il 27 maggio 2024, solo un giorno prima dell'omicidio. Inoltre la trentaquattrenne aveva mostrato ad un'amica le foto con le ecchimosi sul corpo riportate dopo tale aggressione.[5][9]

La Chiesa di San Silvestro nel quartiere di Folzano a Brescia, dove sono stati celebrati i funerali di Giada Zanola (di Wolfgang Moroder, licenza CC BY-SA 3.0)
Dopo l'emissione del fermo da parte della Procura di Padova, Andrea Favero fu condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario. Il successivo 31 maggio, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, il trentanovenne si avvalse della facoltà di non rispondere. Il giudice per le indagini preliminari non convalidò il fermo, non ritenendo sussistente il pericolo di fuga dell'indagato, ma aveva comunque disposto la custodia cautelare in carcere, in considerazione dei gravi, precisi e concordanti indizi di colpevolezza a carico di Favero.[10]
I successivi accertamenti degli esami tossicologici avevano rilevato delle tracce di benzodiazepine nel corpo della vittima, assunte nelle ore precedenti al decesso. Quel medicinale sarebbe stato prescritto all'uomo, rivoltosi al medico di base per una forte insonnia. Tale dettaglio avrebbe rafforzato le ipotesi degli inquirenti, secondo cui Favero avrebbe somministrato lo psicofarmaco alla convivente – provocandole sonnolenza e stordimento – in casa, per poi caricarla in auto e lanciarla dal cavalcavia, mentre si trovava in uno stato di incoscienza indotta.[11]
Nella primavera del 2025 la Procura di Padova aveva chiuso le indagini e ottenuto il rinvio a giudizio per l'indiziato.[12] A carico dell'uomo fu confermata l'accusa di omicidio volontario, a cui furono aggiunte le aggravanti della premeditazione e del rapporto di convivenza con la vittima.[8]