Voce su Carlotta Benusiglio
Uno scorcio del quartiere Giambellino a Milano (di Arbalete, licenza CC BY-SA 4.0)
Carlotta Benusiglio era una stilista di 37 anni trovata morta la mattina del 31 maggio 2016, impiccata ad un albero dei giardini di Piazza Napoli nel quartiere Giambellino di Milano, a poche centinaia di metri di distanza dall'abitazione in cui la vittima risiedeva.[1]
Nell'ambito delle indagini avviate in seguito all'accaduto, l'ex fidanzato della donna, Marco Venturi, 40 anni, fu ascoltato dagli inquirenti come persona informata sui fatti, anche se inizialmente venne escluso dal registro degli indagati. La prima ispezione medica effettuata sul cadavere della trentasettenne non aveva rilevato segni di violenza sul corpo e il successivo esame autoptico aveva supportato l'ipotesi del suicidio, facendo riferimento allo strangolamento autoindotto.[2] Tuttavia la famiglia della vittima sollevò dubbi su tale risultanza, ponendo piuttosto l'attenzione sulla problematica relazione che la stilista aveva con il compagno.
La donna infatti aveva più volte denunciato Venturi per maltrattamenti. Una serie di segnalazioni che riportavano aggressioni, sia fisiche che verbali, attuate dal settembre del 2014 fino all'ultimo episodio datato il 13 aprile 2016. Dopo l'iniziale esclusione dal registro degli indagati, l'uomo fu successivamente indiziato con l'accusa di omicidio volontario della fidanzata, nonché di stalking e lesioni perpetrate nei confronti della stessa durante la loro relazione.[3] Il quarantenne aveva sempre respinto ogni addebito, proclamandosi innocente.
Una nuova perizia disposta dal giudice per le indagini preliminari nel 2018 aveva supportato l'ipotesi del suicidio stabilendo che il decesso sarebbe stato causato, con grande probabilità, da un'asfissia prodotta dall'impiccamento. Il nuovo esame evidenziò anche che sul cadavere riesumato non erano presenti lesioni riconducibili a un eventuale strangolamento.[4][5]
Un esito che però non convinse gli inquirenti e portò all'esecuzione di una nuova perizia l'anno successivo, in concomitanza con il passaggio del fascicolo nelle mani di un nuovo pubblico magistrato. Gli ulteriori esami avvalorarono la tesi che la trentasettenne fosse stata uccisa prima di essere appesa all'albero. Sulla base di tali risultanze la Procura, nel marzo del 2019, aveva richiesto la custodia cautelare in carcere per Venturi. Istanza che però, un anno e mezzo dopo, nel giugno del 2020, venne rigettata dal giudice per le indagini preliminari.[6][7]
Il successivo mese di ottobre furono chiuse le indagini con la conferma dell'accusa di omicidio volontario per Venturi. Secondo la ricostruzione finale della Procura, l'uomo avrebbe agito per futili motivi, stringendo al collo della vittima una sciarpa, oppure il proprio braccio, finendo per causarne la morte. La trentasettenne, anche perché affetta dalla sindrome di Eagle - un disturbo dei legamenti che collegano il cranio all'osso ioide del collo - sarebbe deceduta subito per asfissia meccanica da strangolamento. Dopodiché il compagno avrebbe simulato un'impiccagione, sospendendola parzialmente con la sciarpa all'albero. Tutto ciò sarebbe accaduto nella notte tra il 30 e il 31 maggio 2016, intorno alle ore 3.40.[8][9]
Nel febbraio del 2021 anche la Corte di Cassazione aveva respinto l'istanza di custodia cautelare in carcere formulata nei confronti di Venturi.[10][11] Per la Suprema Corte il quadro indiziario non conduceva univocamente a un giudizio di alta probabilità di colpevolezza.[12] Il mese successivo la Procura di Milano chiese il rinvio a giudizio.[13][14] L'istanza fu accolta dal giudice per l'udienza preliminare che, a ottobre, dispose il processo in rito abbreviato.[15]
La pubblica accusa avanzò la richiesta di condanna a 30 anni di reclusione senza concedere alcuna attenuante.[16][17] Nel febbraio del 2022 fu programmata la lettura della sentenza, ma il giudice ritenne insufficienti gli elementi per decidere e dispose una nuova perizia informatico-forense sulle immagini estrapolate dalle telecamere di videosorveglianza presenti in piazza Napoli la notte della morte della vittima.
Si trattava in particolare di 8 secondi di filmato che, secondo i legali di parte civile, avrebbero mostrato la sagoma del presunto omicida mentre si allontanava dal luogo del delitto, in un orario in cui il corpo esanime della stilista risultava appeso all'albero. Per i difensori tuttavia quella sequenza non aveva alcun rilievo e la sagoma non poteva essere attribuita con certezza a Venturi, tanto che la stessa Polizia Scientifica, all'esame del video, non aveva ravvisato alcun elemento concreto ai fini dell'indagine.[18][19]
Il successivo mese di maggio la suddetta perizia concluse che tale filmato non mostrava alcuna sagoma umana. Piuttosto, la "macchia" che indusse l'accusa a ritenere la presenza di una persona sul posto era, in realtà, un "artefatto di compressione".[20]
L'8 giugno 2022 Marco Venturi fu condannato in primo grado a 6 anni di reclusione. Il giudice aveva riqualificato il reato di omicidio in morte come conseguenza di altro reato.[21][22] Nelle motivazioni della sentenza venne specificato che l'imputato fu ritenuto responsabile dello stalking e del decesso della vittima come conseguenza degli atti persecutori che le aveva inflitto per un lungo periodo di tempo.
La stilista, secondo le motivazioni, si sentiva chiusa in una trappola dalla quale non era capace di uscire. La sera del 31 maggio 2016, dopo un'ennesima lite con il compagno, legò ad un ramo la sciarpa che aveva al collo, senza serrarla completamente, e si lasciò andare, non immaginando "come anche pochi attimi di costrizione avrebbero potuto esserle fatali". Il giudice aggiunse anche che la trentasettenne in quel gesto, forse soltanto a livello inconscio, si sarebbe illusa che l'uomo fosse intervenuto a salvarla. Nelle stesse motivazioni furono criticate le indagini della Procura, giudicate lacunose, contraddittorie e insufficienti.[23]
Nel processo di secondo grado la Procura generale ribadì la richiesta di pena a 30 anni di reclusione per omicidio volontario. Tuttavia, l'11 ottobre 2023, la Corte d'Appello di Milano aveva assolto Marco Venturi, sia dall'accusa di omicidio che da quella di morte in conseguenza di altro reato. Per il capo di imputazione di lesioni, invece, intervenne la prescrizione.[24]
Secondo le motivazioni della sentenza di secondo grado, "il fatto non sussiste" poiché le prove raccolte si dirigevano tutte, senza eccezioni, "verso l'atto anti-conservativo", ossia il suicidio, e la presunta persecuzione da parte del compagno era inesistente. Neppure dalle informazioni più interessatamente "colpevoliste", scrisse la Corte, era "possibile desumere che Carlotta Benusiglio fosse persona succube al volere altrui", né tanto meno di Marco Venturi. I due trascorsero assieme "volontariamente e consensualmente" la notte tra il 30 e il 31 maggio 2016, "culminata con un litigio di coppia".
Sempre secondo le motivazioni della Corte d'Appello, le considerazioni dell'accusa non erano "deduzioni rinvenienti da fonti di prova", ma "mere illazioni" e la sentenza di primo grado avrebbe usato "ipotesi e letture psicologiche", e "sentimenti" più che "fatti verificabili". In particolare, l'immedesimazione nei "sentimenti della vittima sino al transfert psicoanalitico" era un'operazione concettuale che "il giudice penale non poteva compiere". Inoltre, sempre il giudice, "non poteva, né doveva esprimersi su dinamiche di coppia, al di fuori di condotte, commissive od omissive, che costituivano reato".[25]
L'8 maggio 2024 la Cassazione, in accoglimento della richiesta della Procura generale della Suprema Corte, dichiarò "inammissibile e infondato" il ricorso presentato dalla Procura generale di Milano che contestò all'imputato la "morte come conseguenza di altro reato". Fu confermata dunque in via definitiva la sentenza di assoluzione per Marco Venturi.[26][27]
Secondo le motivazioni della Suprema Corte, tenendo in considerazione gli atti e la perizia effettuata nelle indagini, la morte di Carlotta Benusiglio era frutto di un "impiccamento suicidiario" e non di un omicidio. Non c'era "spazio" per considerare quella vicenda come "una conseguenza non voluta, ma comunque concausata dalla condotta dell'imputato" e nei confronti di Venturi non era configurabile nemmeno il "reato di morte come conseguenza del delitto di atti persecutori". Infatti, scrissero i giudici della Cassazione, il rapporto tra l'uomo e Benusiglio "non aveva mai assunto i caratteri tipici della relazione che si instaura tra lo stalker e la vittima". Su tale fronte, nella sentenza di primo grado, sempre secondo la Suprema Corte, c'erano solo "letture psicologiche e illazioni", non prove.[28]