Conegliano. Omicidio Ceschin. L'ultima lettera di Enzo Lorenzon: "Non doveva finire così. Chiedo scusa".
«Voglio chiedere scusa alle mie figlie e ai miei nipoti, che sono rimasti senza una nonna e una mamma, e a tutte le persone che volevano bene a Margherita Ceschin, per una cosa che non sarebbe mai dovuta accadere».
Comincia così la lettera che Enzo Lorenzon ha scritto il 13 luglio scorso, meno di un mese prima della sua scomparsa, e che l'81enne aveva indirizzato attraverso il suo difensore, l'avvocato Fabio Crea, alla Corte d'Assise di Treviso. Quello scritto, acquisito ieri non senza l'opposizione delle parti civili, doveva "sostituire" l'esame che l'ex imprenditore di Ponte di Piave avrebbe dovuto rendere nell'udienza del 18 settembre davanti ai giudici chiamati a giudicarlo come mandante dell'omicidio dell'ex moglie Margherita Ceschin, avvenuto nel giugno del 2023 a Conegliano.
«Io – continua Lorenzon nella sua missiva – non avrei mai potuto fare del male alla mamma delle mie figlie». L'uomo spiega che la separazione dalla coniuge era stata particolarmente tumultuosa ed era sfociata anche in diverse causa penali e civili.
«Sono sempre stato disposto – scrive – ad una transazione economica che era stata stata proposta dal giudice. Ho sempre rispettato la legge e ho sempre pagato puntualmente i 10mila euro della sentenza di separazione. Ma questa cifra era stata stabilita sulla base del mio patrimonio e non della mia liquidità, che non era infinita. Anzi si era assottigliata fino a costringermi anche a fare dei prestiti».
Lorenzon ricorda che poi la moglie aveva deciso di chiedere un ipoteca che è stata estesa a tutto il suo patrimonio. Fino a quando, all'inizio del 2023, racconta di essersi confidato per l'ennesima volta con Sergio Lorenzo che, questa volta, si sarebbe offerto di aiutarlo. «L'intervento non doveva ovviamente sfociare in un omicidio, ma era teso a impaurirla in modo che si convincesse ad accettare qualcosa di meno. Non sono una persona cattiva, ero soltanto esasperato».
Lorenzon racconta poi di non essere stato messo al corrente sui dettagli del piano e che Sergio gli avrebbe detto che dell'intimidazione si sarebbe occupato un uomo straniero e, quindi, difficilmente identificabile. Il compenso da versargli sarebbe dovuto essere di 10mila euro, cifra che Enzo trovava accettabile.
«La mattina del giorno dopo la morte di Margherita – continua la lettera –. Sergio venne a casa mia e mi disse che era successa una cosa gravissima. Dopo essere entrati nella casa di Conegliano per impaurirla avevano dovuto zittirla perché lei aveva iniziato a gridare». Ma il tentativo finì con un omicidio.
«Non potevo crederci – puntualizza Lorenzon –, gli urlai contro. Poi lui mi disse che aveva bisogno della macchina per portare due persone in Spagna. Parlammo anche della possibilità di andare alla Polizia, ma lui mi disse che così saremo andati tutti e due in carcere». «Tutto – conclude Enzo – è finito malamente, in un modo che nessuno voleva. Chiedo ancora una volta scusa a tutti quelli che amavano Margherita». (di Denis Barea – TrevisoToday)