Padova. "Nicoleta Rotaru si è suicidata": La difesa respinge le accuse e chiede l'assoluzione per Erik Zorzi.

Immagine della notizia (Immagine di Zairon su Wikimedia Commons — CC BY-SA 4.0)

Padova. "Nicoleta Rotaru si è suicidata": La difesa respinge le accuse e chiede l'assoluzione per Erik Zorzi.

Dinanzi alla Corte d'Assise di Padova, gli avvocati difensori Silvia Masiero e Cesare Vanzetti hanno chiesto «l'assoluzione per non aver commesso il fatto o, in subordine, l'applicazione del minimo della pena con il contestuale riconoscimento delle attenuanti generiche» per Erik Zorzi, il 43enne accusato di aver ucciso l'ex moglie 39enne Nicoleta Rotaru inscenando poi un finto suicidio da parte della donna, con cui continuava a vivere ad Abano Terme insieme alle due figlie di 9 e 12 anni.

L'onere della prima arringa è toccato a Silvia Masiero: «I fatti qui sono due: Nicoleta Rotaru non c'è più ed Erik Zorzi non l'ha uccisa, perché Nicoleta si è tolta la vita in un momento di disperazione. Erik non solo la amava ma adora le sue figlie: chiedo dunque la sua assoluzione nel nome di un uomo che ha già sofferto troppo e nel nome della verità, che non può più essere negata».

A prendere successivamente la parola è stato Cesare Vanzetti, che ha avanzato «ragionevoli dubbi su diverse prove che, messe insieme, non possono portare alla convinzione che Erik Zorzi abbia ucciso Nicoleta Rotaru. Partiamo dall'audio trovato nel cellulare di Nicoleta e che secondo l'accusa "riproduce" il momento del decesso: ci sono elementi che ci dicono che non è così. Si sentono ad esempio i gemiti di Nicoleta Rotaru: durano più di dieci minuti ma tutti gli esperti della materia dicono che una persona muore al massimo in sette minuti e mezzo, quindi le tempistiche sono incompatibili con uno strangolamento».

Vanzetti, quindi, ha focalizzato l'attenzione sul profilo psichiatrico del 43enne: «Soffre di un disturbo di personalità ossessivo-compulsivo, e per riabilitarlo serve un serio lavoro psichiatrico che non può essere fatto in caso di ergastolo. Siamo qui per educare, non per rinchiudere: per questo motivo, qualora venisse riconosciuto colpevole, chiediamo le attenuanti affinché, al termine di una pena lunga, possa uscire dal carcere dopo essere diventato una persona migliore». (G.F.P. – PadovaOggi)

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