Bologna. Si apre il processo per l'omicidio di Sofia Stefani. I genitori: "Per noi è stato un femminicidio".

Immagine della notizia (Immagine di Marmarygra su Wikimedia Commons — CC BY-SA 4.0)

Bologna. Si apre il processo per l'omicidio di Sofia Stefani. I genitori: "Per noi è stato un femminicidio".

Si è aperto stamattina alla Corte d'Assise di Bologna il processo per l'omicidio di Sofia Stefani. Imputato con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo è l'ex comandante della Polizia locale di Anzola Emilia, Giampiero Gualandi.

La vittima è stata uccisa a 33 anni con un colpo di pistola il 16 maggio 2024, all'interno del Comando della Polizia locale di Anzola. A sparare era stato Gualandi, 63 anni. Nell'immediatezza dei fatti, l'uomo aveva parlato di un "incidente". Una versione che ha continuato a ribadire, nonostante l'accusa di omicidio volontario, sostenuta dalla Procura. L'uomo si trova agli arresti domiciliari.

Intanto questa mattina la Corte d'Assise di Bologna ha respinto la richiesta di costituzione di parte civile avanzata da cinque associazioni per la tutela dei diritti delle donne. Si tratta di Udi, Casa delle Donne, Sos Donna, Mondo Donna e Associazione Malala. Secondo il presidente, Pasquale Liccardo, "le condotte non permettono, allo stato attuale, di ricondurre il fatto alla definizione di femminicidio", poiché "non emergono elementi legati alla violenza di genere, alla discriminazione o alla limitazione dell'autodeterminazione della vittima".

Tuttavia, l'avvocata di Udi, Rossella Mariuz, ha contestato questa interpretazione, sostenendo che: "Sofia Stefani è stata uccisa nella sede della Polizia locale con un'arma di servizio da un ispettore di Polizia. Questo è un femminicidio. Gualandi era un tutore della legalità e conosceva gli strumenti giuridici per difendersi da eventuali condotte illecite. Invece ha scelto di sparare". L'avvocato ha anche evidenziato la dinamica di potere nella relazione tra Gualandi e Stefani, sottolineando la precarietà lavorativa della vittima e la sua vulnerabilità psicologica ed economica.

Nonostante l'esclusione delle associazioni, la Corte ha ammesso come parti civili il Comune di Anzola, il fidanzato della vittima ed i genitori della 33enne. Proprio questi ultimi, Bruno Stefani e Angela Querzè, hanno espresso il loro disappunto con parole forti. "Lo considero un femminicidio – ha riferito la madre – aggravato dal fatto che Sofia cercava lavoro, quindi era estremamente ricattabile. Gualandi era un dirigente di 63 anni e non ha saputo usare gli strumenti adeguati per gestire la situazione".

La mamma di Sofia ha inoltre sottolineato come la posizione di potere di Gualandi abbia influenzato la relazione con sua figlia, lasciando intendere che nel processo potrebbero emergere ulteriori dettagli sulle manipolazioni subite dalla giovane. (BolognaToday)

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