Oggi è la Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne.

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Il 25 novembre rappresenta una ricorrenza importante che, nell'obiettivo di eliminare qualsiasi forma di violenza nella piena affermazione dei diritti di tutti gli esseri umani, pone una marcata attenzione sul fenomeno della violenza contro le donne.

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Bologna. Omicidio Alessandra Matteuzzi. Le motivazioni della Suprema Corte sull'ergastolo a Padovani.

Immagine della notizia (Immagine di Marmarygra su Wikimedia Commons — CC BY-SA 4.0)

Bologna. Omicidio Alessandra Matteuzzi. Le motivazioni della Suprema Corte sull'ergastolo a Padovani.

Nessun rilievo, ai fini della decisione sull'imputabilità, va dato ad altre anomalie caratteriali o alterazioni o disarmonie della personalità, nonché agli stati emotivi e passionali, salvo che questi ultimi non si inseriscano, eccezionalmente, in un quadro più ampio di infermità.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, citando l'articolo 90 del codice penale e l'orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità, nella motivazione della sentenza con cui, il 17 settembre scorso, ha rigettato il ricorso della difesa di Giovanni Padovani.

L'ex calciatore dilettante, 28 anni, è stato condannato all'ergastolo per il femminicidio dell'ex fidanzata Alessandra Matteuzzi. Il 23 agosto 2022 Padovani la aggredì sotto casa a Bologna, colpendola a calci, pugni, colpi di martello e infierendo infine con una panchina.

La Cassazione ha quindi risposto così alla parte del ricorso dove si sosteneva che non era stata adeguatamente valutata, nella sentenza di appello, la rilevanza sulla capacità di intendere e di volere del "grave turbamento" emotivo in cui l'imputato ha commesso il reato.

Il punto dirimente del processo era stata la perizia psichiatrica di primo grado, che aveva concluso per la capacità di intendere e di volere di Padovani, condannato per omicidio aggravato da stalking, premeditazione e futili motivi. La difesa ha contestato le conclusioni della sentenza sull'esistenza della capacità, sostenendo che specialisti di tre diverse carceri avevano evidenziato disturbi di personalità di Padovani, come pure i consulenti della difesa.

Per la Cassazione, invece, la sentenza è stata coerente, aderendo alle conclusioni dei periti, ma senza ignorare le argomentazioni dei consulenti di parte, non solo prese in considerazione, ma addirittura confutate, andando oltre ciò che impone al giudice il sistema processuale.

E anche sulla sussistenza della premeditazione, per la Cassazione la sentenza di appello ha indicato attentamente gli elementi di fatto da cui ha tratto il giudizio sull'esistenza del "radicamento e persistenza costante, per un apprezzabile lasso di tempo, nella psiche del reo del proposito omicida" che costituisce il "proprium" dell'aggravante. (ANSA)

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