Voce su Marcella Boraso
Marcella Boraso, 59 anni, fu trovata senza vita nella sua abitazione di Portogruaro, in provincia di Venezia, la mattina del 22 luglio 2020.
Uno scorcio di Portogruaro in provincia di Venezia (di StephaneMat, licenza CC BY-SA 3.0)
I vicini di casa avevano notato del fumo uscire dall'appartamento della vittima, così avevano allertato i Vigili del Fuoco. All'interno si era sviluppato un incendio, domato dai pompieri intervenuti sul posto che trovarono i fornelli accesi. Il rogo era di matrice dolosa. La cinquantanovenne fu rinvenuta con numerose ferite al capo mentre parti del bagno dell'abitazione erano in frantumi. Elementi che sin dall'inizio avevano escluso l'ipotesi di un incidente domestico per portare gli investigatori sulla pista dell'omicidio.[1]
Nei giorni successivi venne fermato un conoscente della donna, Wail Boulaied, 23 anni, originario del Marocco, accusato di essere il responsabile dell'aggressione mortale che aveva causato il decesso della vittima. Il giovane abitava in un appartamento, occupato abusivamente, di un condominio vicino a quello dove viveva la cinquantanovenne, nello stesso complesso edilizio. Era già noto alle forze dell'ordine essendo stato, in precedenza, denunciato per ricettazione: avrebbe rubato delle attrezzature ad alcuni vicini di casa. Per questo motivo la signora Boraso, in quanto sua conoscente, era stata ascoltata dagli investigatori, a cui aveva dichiarato che il ventitreenne la maltrattava, la picchiava e le chiedeva in continuazione i soldi per l'acquisto di sigarette.
Lei e Boulaied si erano incontrati al Sert, che entrambi frequentavano per problemi di dipendenza. Un'amicizia che avrebbe portato il ragazzo a recarsi diverse volte nell'abitazione della donna, della quale il ventitreenne avrebbe persino avuto le chiavi di casa. Per gli inquirenti sussistevano concreti elementi di responsabilità del giovane nell'ambito della morte della cinquantanovenne, nonostante lui avesse respinto ogni addebito.
L'esame autoptico sulla salma della vittima rilevò il cranio fracassato: la donna sarebbe stata colpita con una bottiglia di birra, rinvenuta sulla scena del crimine, e ripetutamente sbattuta con la testa contro il water, tanto da romperlo. Boulaied avrebbe infierito con violenza sul corpo della vittima anche quando era già deceduta. L'aggressione sarebbe avvenuta durante la notte tra il 21 e il 22 luglio, poi nelle ore seguenti il marocchino avrebbe appiccato l'incendio nel tentativo di cancellare le tracce.[2][3]
Il giovane fu condotto in carcere. Nel successivo mese di novembre, in un interrogatorio effettuato nel penitenziario dove era detenuto, il ventitreenne di fronte al magistrato titolare dell'inchiesta aveva confessato di essere il responsabile dell'omicidio.[4] Grazie alle sue dichiarazioni fu possibile individuare e arrestare il presunto complice nell'esecuzione del delitto, Mohammed Rabih, connazionale di 21 anni.[5]
Nell'estate del 2021 entrambi vennero rinviati a giudizio per l'omicidio della signora Boraso. L'accusa aveva contestato anche il reato di rapina, in quanto il tutto sarebbe scaturito dall'intenzione dei due di impossessarsi di alcuni beni della donna. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, i giovani avrebbero prima seviziato la vittima con un coltello per poi ucciderla nel bagno della sua abitazione con un martello. Infine avrebbero appiccato l'incendio nell'appartamento nel tentativo di depistare le indagini.[6][7]
Nel corso del processo i due imputati si accusarono a vicenda. Per Boulaied l'omicidio fu commesso da entrambi, mentre Rabih sostenne che l'amico colpì da solo la vittima alla testa con un martello.[8] La Procura chiese l'ergastolo per Rabih, che si era sempre dichiarato estraneo ai fatti respingendo qualsiasi addebito, e 30 anni di reclusione per Boulaied. Per quest'ultimo fu evidenziata la collaborazione con gli inquirenti e il buon comportamento processuale.
L'11 maggio 2022 la Corte d'Assise di Udine accolse parzialmente la richiesta della pubblica accusa e condannò entrambi gli imputati all'ergastolo. Il verdetto ritenne le aggravanti prevalenti sulle attenuanti generiche.[9][10] Tuttavia, il 26 maggio 2023, la Corte d'Appello di Trieste concesse le attenuanti generiche a entrambi i magrebini. Le condanne vennero ridotte a 27 anni di reclusione per Boulaied e 22 anni per Rabih. Al primo imputato, considerato l'esecutore materiale dell'omicidio, fu riconosciuto il "degradato ambiente sociale" nel quale era cresciuto e vissuto. Al secondo, invece, fu riconosciuto un ruolo secondario nel concorso del delitto.[11]