Bologna. L'omicidio di Saman Abbas premeditato dal clan familiare "per sopprimere la sua autonomia".
"L'omicidio di Saman Abbas è stato deliberato dal clan familiare nel suo complesso, a eccezione del fratello Alì Haider ritenuto inaffidabile. La determinazione omicida muove da una valutazione di insopportabile distonia tra la scelta di Saman di allontanarsi dall'ambito familiare e vivere una vita propria e i canoni culturali propri della famiglia".
È quanto scrivono i giudici della Corte d'Appello di Bologna – presieduta dal giudice Domenico Pasquale Stigliano – nelle motivazioni della sentenza sull'omicidio di Saman Abbas, la 18enne pakistana uccisa poco dopo la mezzanotte del primo maggio 2021 davanti alla sua casa di Novellara (Reggio Emilia) e poi sepolta sotto terra.
Nel giudizio di secondo grado i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen sono stati condannati all'ergastolo, riconosciuti responsabili non solo dell'omicidio ma, a differenza del primo grado, anche di soppressione di cadavere; questa volta sono state ritenute sussistenti le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti.
I cugini Noman Ul Haq e Ikram Ijaz, che nel processo reggiano erano stati assolti, in Appello sono stati giudicati responsabili di omicidio e soppressione del corpo, con le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili equivalenti alle attenuanti generiche: anche per loro è stato deciso l'ergastolo.
La pena allo zio Danish Hasnain è stata innalzata a 22 anni; in primo grado ebbe 14 anni sia per omicidio sia, l'unico allora tra gli imputati, per soppressione di cadavere, con lo sconto di un terzo dovuto alla precedente richiesta di rito abbreviato. Ad Alì Haider, il fratello di Saman, parte civile, è stata riconosciuta in Appello una provvisionale di 50mila euro (in primo grado non era stato ritenuto credibile). (di Alessandra Codeluppi – il Resto del Carlino)