Bologna. Omicidio Sofia Stefani. Spunta un "contratto di sottomissione". La difesa: "Era solo un gioco".
Stamattina si è svolta una nuova udienza, davanti alla Corte d'Assise di Bologna, del processo a carico di Giampiero Gualandi, il 64enne ex commissario capo della Polizia Municipale di Anzola Emilia, accusato dell'omicidio aggravato della sua collega di lavoro, Sofia Stefani, uccisa con un colpo di pistola il 16 maggio 2024.
Nel corso della seduta, la procuratrice aggiunta Lucia Russo ha spiegato che, dall'analisi dei dispositivi elettronici, è emerso che un anno prima dell'omicidio, il 18 maggio 2023, Giampiero Gualandi e Sofia Stefani avrebbero firmato un «contratto di sottomissione sessuale». Anche l'avvocato Andrea Speranzoni, difensore di parte civile per la famiglia Stefani, nel suo intervento di richiesta di ammissione delle prove ha citato lo scambio che sarebbe avvenuto tra vittima e imputato.
Nel contratto, è stato riferito in aula, Gualandi si autodefiniva padrone, ovvero «colui che tutto può sulla sua schiava». In un passaggio si diceva: «Io signore e padrone mi impegno a dominare l'anima della mia sottomessa». I difensori dell'imputato, Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli, hanno chiesto di produrre il libro "Cinquanta sfumature di grigio" dal quale "sono nati i contratti di sottomissione". «C'è un libro, un film e tutta una produzione internet – ha detto l'avvocato Benenati – fatta di forum e pagine web in cui le persone discutono di questi contratti».
«Era solo un "gioco". Gli adulti consenzienti fanno quello che vogliono della propria vita sessuale e dall'analisi del dispositivo della Stefani è emerso che anche lei frequentava questi siti. Il diritto deve essere autonomo dalla morale, in quest'aula si celebra la laicità del diritto, il giusto processo si fonda su prove giudiziarie. In quest'aula succederà che veniate tirati per la giacchetta verso valutazioni di tipo morale – ha detto il legale Valgimigli per la difesa -, ma non lasciatevi trascinare».
Nell'udienza l'accusa si è opposta ad una serie di testi che la difesa vorrebbe fossero sentiti per provare le condizioni di fragilità psichica della vittima, che dalle cartelle cliniche risultava affetta da personalità borderline e bipolarismo e, prima di lavorare alla Municipale di Sala Bolognese, avrebbe avuto problemi per comportamenti aggressivi anche a Guastalla, dove aveva prestato servizio come vigile.
«Ma qui non si fa il procedimento disciplinare alla vittima - ha attaccato l'accusa - perché la vittima è al cimitero. I suoi comportamenti in precedenti lavori non rilevano ai fini della decisione se ci sia stata volontarietà o meno nell'omicidio». Gualandi ha sempre sostenuto che il colpo di pistola, che uccise Sofia, sia partito per sbaglio durante una colluttazione. Per l'accusa, invece, Gualandi l'avrebbe attesa di proposito con il colpo in canna sparandole volontariamente, al culmine di una relazione extraconiugale molto tesa. (di Andreina Baccaro – Corriere di Bologna)